Cultura

Oldani: «Cucinerò per i bresciani un menù top secret»

Il cuoco stellato raccolta la sua idea, che si posiziona tra il gusto e il giusto
Pronto a dare una mano, anzi... due. Lo chef Davide Oldani, una stella Michelin - © www.giornaledibrescia.it
Pronto a dare una mano, anzi... due. Lo chef Davide Oldani, una stella Michelin - © www.giornaledibrescia.it
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Ha un’idea di cucina che si posiziona a mezza strada «tra il gusto e il giusto», basata sulla semplicità, oltre che sull’impiego di materie prime umili, stagionali, accessibili. Davide Oldani - chef che tra pochi giorni taglierà il traguardo del mezzo secolo d’età - ha creato a San Pietro all’Olmo di Cornaredo, alle porte di Milano, un tempio della buona tavola, guadagnando una stella Michelin, la considerazione delle guide gourmet di tutto il mondo e il plauso degli appassionati, che prenotano con settimane d’anticipo un posto alla sua tavola.

In attesa di vederlo all’opera a Brescia (il 29 al PalaBrescia per TimeToLove), lo abbiamo intervistato.

Davide: per lei fu coniata la definizione di «cucina pop». Ci si riconosce?
Sì, assolutamente. Non nel senso in cui viene utilizzata in musica, peraltro, dove è un contenitore in cui c’è un po’ di tutto. Al contrario, «pop» nella cucina sottintende un’identità forte, al passo con i tempi. Insomma: non equivale a basso profilo, ma a capacità di leggere il presente. In genere sintetizzo così l’ispirazione che la pervade: amalgamare l’essenziale con il ben fatto, il buono con l’accessibile, l’innovazione con la tradizione.

Ha scelto la provincia milanese come luogo d’elezione. A ben guardare, buona parte dei ristoranti stellati italiani sono fuori dai grandi centri. È un caso?
Non generalizzerei. Io vengo da Milano e ho lavorato nelle grandi città: credo si possa proporre buona cucina ovunque. Non idealizzo il posto dove sono ora, che è poi quello da cui proviene la mia famiglia: semplicemente, mi è sembrato adatto per ciò che avevo in mente. Nessun valore aggiunto, dunque? Quello deriva dalle persone, non dai luoghi. E da un progetto che non sia fine a se stesso.

Ha fortemente voluto una scuola alberghiera che affiancasse il ristorante. Perché?
Ritenevo giusto restituire qualcosa al territorio che mi ospita. Ho cercato di fare un percorso con criterio, rispettando gli equilibri della comunità, ma anche offrendo occasioni attraverso cui essa potesse crescere. Una scuola mirata, che formasse in maniera efficace e senza i tempi morti dei trasferimenti, mi è parsa una soluzione intelligente.

Cosa è richiesto a un giovane che lavora per Davide Oldani?
In primo luogo che sia uscito bene dalla scuola; e non parlo di votazioni alte, ma di applicazione, di voglia. Detto in maniera più diretta, accolgo volentieri chi ha la fame giusta, chi è affamato e non goloso.

Ha affermato: «La buona cucina non fa sprechi». Ci spieghi il concetto nella pratica...
C’è spreco e spreco, ovviamente. Faccio un esempio, banale: la buccia esterna della cipolla non è utilizzabile per nulla; e lo stesso vale per altri ingredienti. Per cui il concetto non va assolutizzato: ciò che intendo è che con la cucina dobbiamo creare meno scarti. È un risultato a cui si arriva in vari modi, ma soprattutto producendo meno, accontentandosi di quello che offre la stagione, senza cercare per forza ciò che non è in natura.

Gli chef (lei compreso, per un certo periodo) spopolano in televisione. È un bene?
Capisco che la sovraesposizione possa creare perplessità. Per me la vetrina televisiva è sempre un bene: riduce le distanze con una materia a lungo ritenuta per iniziati. E poi il «mondo cibo» è un universo articolato, ma sempre positivo.

A Brescia cucinerà dentro un format che fa incontrare solidarietà e musica, «TimeToLove». Cosa pensa della beneficenza?
Tutto il bene possibile, a patto che sia fatta con criterio e consapevolezza. Personalmente, sono legato ai progetti di solidarietà di don Gino Rigoldi e di Chicco Montorsi. «TimeToLove» mi è stato presentato nei dettagli e mi ha convinto: è il motivo per cui il 29 settembre cucinerò al PalaBrescia.

Davide Oldani e la musica, invece, in che relazione stanno?
Amo soul e blues, con una passione particolare per il grandissimo B.B. King, che ho avuto la fortuna di ascoltare più volte dal vivo. Ma apprezzo anche il modo in cui Ligabue comunica, sovente oltre le canzoni.

Che piatti proporrà ai bresciani?
Conservo il segreto fino alla cena. Ma sarà qualcosa che chiunque potrà, se vorrà, imparare e riproporre.
 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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