«Troppi genitori scambiano il pronto soccorso per un ambulatorio»

Giuseppe Riva, direttore di Pediatria della Poliambulanza, sostiene l’importanza di educare le famiglie affinché imparino a valutare le condizioni del bambino. Gli accessi inappropriati «sono uno spreco enorme»
Giuseppe Riva, il direttore dell'unità di pediatria della Fondazione Poliambulanza - © www.giornaledibrescia.it
Giuseppe Riva, il direttore dell'unità di pediatria della Fondazione Poliambulanza - © www.giornaledibrescia.it
AA

«Molte persone intendono il pronto soccorso pediatrico come un ambulatorio aperto 24 ore su 24 in cui ci si reca, a fronte di una necessità, nei momenti di maggiore comodità». A dirlo è Giuseppe Riva, direttore dell’Unità operativa di Pediatria della Fondazione Poliambulanza, per nulla stupito dalla quantità di codici bianchi e verdi registrati nel Bresciano da pazienti under 14 e messi in evidenzia dal «Programma nazionale esiti» (Pne): «È un andamento consolidato, senza margini di miglioramento – spiega –: dobbiamo costantemente confrontarci con la decrescente capacità di genitori e nonni di affrontare qualsiasi tipo di emergenza».

Un esempio? «I bambini con la febbre ci vengono portati talmente precocemente che risulta impossibile per noi individuare i segni di localizzazione dell’infezione. La febbre, in generale, spaventa le famiglie, ma solo eccezionalmente rappresenta un problema serio: i genitori dovrebbero imparare a gestirla. E i nonni dovrebbero tranquillizzarli, come accadeva in passato, anziché, come succede oggi, accrescere la loro ansia.

«La guerra alla febbre non dovrebbe essere una priorità – sottolinea il dottor Riva –: utilizzare in modo eccessivo gli antipiretici non riduce di un minuto il tempo di guarigione, ma maschera soltanto per alcune ore la situazione del bambino». Quel «qualcosa d’altro» che in pochissimi casi potrebbe essere potenzialmente pericoloso rimane, infatti, sotto, coperto. «Un bambino con 40 di febbre mi preoccupa poco – prosegue il direttore della Pediatria –. Altri sintomi come l’inerzia, il fatto che non si muova, la diarrea profusa o il vomito incoercibile mi mettono, invece, in allerta».

Operazione culturale

I pazienti dovrebbero accedere in pronto soccorso «per emergenze evidenti o inviati da pediatra o ex guardia medica. A volte, invece, fanno un salto da noi anche se hanno un appuntamento con la pediatra fissato tre ore dopo».

Nel calderone dei codici minori ci sono, insomma, degli accessi inappropriati che «rappresentano uno spreco enorme di risorse: i medici del pronto soccorso sono tenuti a utilizzare tutti gli strumenti che hanno a disposizione, compresi esami di laboratorio e strumentali. Siamo tutti organizzati per rispondere bene anche alle richieste improprie, ma se arriva un’emergenza vera e il pronto soccorso è affollato chi è in attesa deve sapere che dovrà aspettare perché tutte le energie vengono convogliate sul caso importante».

Secondo il dottor Riva «bisognerebbe educare le famiglie affinché imparino a valutare le condizioni del bambino, al di là della febbre, e conoscano tutti i servizi dei quali dispongono». Servirebbe, insomma, un’operazione culturale che «in pronto soccorso non si può fare: chiedere a un genitore perché non si è rivolto al pediatra anziché recarsi qui significa entrare in conflitto con lui. La sensibilizzazione va fatta prima».

Da alcuni anni – ricordiamo – le Pediatrie bresciane sono in rete e affrontano anche questi temi: «Ci vediamo abitualmente – spiega Riva – per confrontarci su problematiche comuni. In questa fase, coinvolgendo i pediatri di libera scelta, stiamo stilando delle "informative comuni" per affrontare, tutti allo stesso modo, situazioni tipiche, come la gestione di febbre e gastroenteriti». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.