Bettoncelli: «La sanità si sta evolvendo, noi parte attiva nelle scelte»

Il neoletto presidente dell’Ordine dei Medici di Brescia e medico di base per 41 anni
Germano Bettoncelli
Germano Bettoncelli
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Medico di base per 41 anni a Ospitaletto, già segretario scientifico e responsabile nazionale dell’area pneumologica della Simg, Germano Bettoncelli è il nuovo presidente dell’Ordine dei Medici di Brescia del quale è consigliere dal ’99.

Come si sente a rappresentare 8.448 medici e odontoiatri bresciani?

Dormo meno, qui si fatica tanto e ci sono responsabilità pesanti. Il mio predecessore, Ottavio Di Stefano, ha posto in alto l’asticella.

Chi è Germano Bettoncelli?

Di casa a Brescia, sono entrato al liceo Arnaldo nel ’68. Ho scelto di fare il medico motivato da interesse scientifico e umanitario. Nel ’79 mi sono laureato alla Statale di Milano, poi ho fatto la specialità in Pneumologia. Ricordo il primo turno di guardia medica: era sabato pomeriggio ed ero a Virle Treponti, con la mia 850 coupè gialla sono uscito per una visita e la sera avevo la febbre. Sarà stata l’agitazione.

Ha passioni? Famiglia?

Sono sposato, ho due figli, che vivono a Londra e Roma, e due nipoti. Mi piace leggere. Sono convinto che serva una cultura generale ampia: ci sono cose non scritte sui libri di settore che bisogna sapere per fare bene il medico. Ai giovani consiglio di leggere «La morte di Ivan Il’ic» di Lev Tolstoj.

Si insedia all’Ordine dopo una presidenza importante, quale impronta vuol dare alla sua consiliatura?

Sarebbe già molto riuscire a mantenere l’impronta data da Di Stefano. Intendo ribadire il ruolo istituzionale dell’Ordine, organo sussidiario dello Stato, garante della professione nei confronti dei cittadini; coinvolgere ancora di più gli iscritti facendo loro conoscere i servizi che hanno a disposizione. E ascoltare i cittadini, specie in un periodo come quello attuale in cui è difficile curarsi e accedere al Ssn.

Apertura, quindi, alla comunità.

Esatto. Mi preme, inoltre, ascoltare il terzo settore. E collaborare con le istituzioni che regolano e governano la salute. Voglio incontrare presto la sindaca, i direttori di ospedali e Ats: l’Ordine dei Medici intende essere protagonista attivo dell’evoluzione della Sanità a fianco delle istituzioni.

Per il Civile è in vista una maxi ristrutturazione, come si pone nei confronti di questo intervento da quasi 500 milioni?

Intendo capire quali principi ispirano la riorganizzazione e come evolverà il rapporto tra ospedale e territorio. So che è attivo un gruppo di lavoro: l’Ordine dovrebbe entrare a farne parte portando le istanze della professione in senso lato.

Al suo fianco, nel nuovo consiglio dell’Ordine, ci sono persone d’esperienza e giovani. Come definisce la squadra?

Sono circondato da colleghi di elevato valore clinico, che hanno o hanno avuto ruoli importanti nella Sanità bresciana, ma anche nel sociale e nello stesso Ordine.

È in atto una riorganizzazione territoriale della Sanità che mira a superare il modello «ospedalecentrico». Cosa ne pensa? Si sta andando nella direzione giusta?

Le nuove strutture territoriali, che stanno sorgendo con i fondi del Pnrr, dovrebbero portare i servizi assistenziali più vicino ai pazienti. Verranno ridefiniti ruolo e compito dei medici di medicina generale? Quale sarà la loro allocazione? Che rapporto avranno con gli infermieri di comunità? L’Ordine seguirà con attenzione l’evoluzione di questi percorsi, sempre disponibile a contribuire in base alle proprie competenze.

Negli ospedali manca personale e ci sono lunghe liste d’attesa. Qual è la sua ricetta?

La carenza di personale nasce da un’errata programmazione e dalla scarsa attrattività della professione in termini economici e di condizioni di lavoro. Servirebbero investimenti per avvicinare il finanziamento del Ssn a quello dei principali Paesi europei e una miglior regolamentazione degli accessi agli ospedali garantita dalla gestione pressoché totale della cronicità sul territorio. Questo significa rafforzare le cure primarie con la presenza di personale infermieristico e amministrativo (un medico di base affiancato da un infermiere e da un amministrativo potrebbe seguire più pazienti rispetto allo standard attuale) e strutturare la collaborazione con i servizi sociali locali. Occorrerebbe, inoltre, rinforzare gli aspetti tecnologici: mi riferisco a telemedicina e servizi informatizzati che funzionino regolarmente. Ogni mattina i medici di base accendono il pc incrociando le dita.

E il Sistema sanitario nazionale? Se fosse un paziente come lo definirebbe? Quale cura gli somministrerebbe?

È ancora valido per il grande rischio (almeno da noi), in cattiva salute per il resto e in apparente progressivo deterioramento. La prima cura consiste nel far comprendere alla popolazione che la riforma sanitaria è stata la più grande rivoluzione sociale del XX secolo e che per questo va difesa da tutti, Ordine dei Medici in primis.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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