Le «Grotte di Catullo», un soprannome sin dal Rinascimento
Le Grotte di Catullo di Sirmione portano questo soprannome fin dal Rinascimento, ma non sono né grotte né di Catullo. Sono ciò che resta di una villa romana costruita all’incirca alla fine del primo secolo avanti Cristo - periodo in cui il poeta, morto a soli trent’anni, probabilmente non c’era già più, ma durante gli scavi sono stati trovati resti di una costruzione precedente - e sono state chiamate grotte per via del lunghissimo periodo di abbandono e della progressiva spoliazione: di stanze, pitture, marmi, pavimenti e statue era rimasto solo il ricordo e qualche pezzo di muro e arco, tra cui era cresciuta una fitta vegetazione.
Quelli che erano stati i vani di una residenza di lusso già a partire dal terzo secolo d.C. avevano cominciato a trasformarsi in misteriosi antri. E poi c’è Catullo, poeta latino nato a Verona e innamorato Sirmione tanto da definirla «gioiello delle penisole e delle isole»: con queste premesse è stato facile attribuirgli piacevoli soggiorni nel luogo che gli sarebbe stato intitolato.
Com’era?
Immaginate una mega-villona di tre piani in posizione stratosferica, con terrazze aggettanti sull’acqua. E in mezzo alla casa, nascosto dalle sue pareti, un giardino circondato da un portico. Sul lato ovest correva lungo la struttura un portico coperto che consentiva ai patrizi che ci abitavano di passeggiare nelle giornate calde (e qui il sole picchia) o piovose e anche di osservare il lago in tempesta (e questo lago in quanto a tempeste spaventa e affascina quanto un mare). Ma ci rendiamo conto di che meraviglia era?
Dopo la gloria arrivano la trasformazione in necropoli e la dimenticanza. E adesso? È una meraviglia di aspetto diverso, ma sempre una meraviglia assoluta. Bianche rovine circondate da ulivi e profumate da cespugli di rosmarino. E intorno il lago nella sua forma migliore. Sapete cosa dice Catullo in un carme? Miser catulle desinas ineptire et quod vides perisse perditum ducas «Povero Catullo, smettila di fare il matto e ciò che vedi che è andato perso consideralo perduto».
Ecco, le Grotte di Catullo invece sono imperdibili ed è una fortuna che non siano andate perdute, ma siano ben tenute e valorizzate. Meritavano l’amore del grande poeta (che importa se lui non le ha viste? Ha visto il luogo, ha visto il lago, amava entrambi e questo basta) ed è difficile per chiunque non innamorarsene. Non a caso il sito è nella top 30 dei siti statali più visitati d’Italia. Da tutta la sponda bresciana le vedi e anche quando il brutto tempo le nasconde tutti sanno che sono lì e ci tengono d’occhio. Non è incredibile essere consci che la Bellezza ci guarda da un angolo dell’orizzonte?
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