Il villaggio di quattromila anni sul fondo dell'antico lago Lucone
Le palafitte sono difficili da conoscere: sono ritrose, sommerse, sepolte, quasi mai visibili. Dunque il Lucone di Polpenazze del Garda è un’occasione imperdibile per vederle durante lo scavo, aperto da metà luglio a metà settembre. In antico era un lago: ora al centro c’è un lussureggiante boschetto e intorno colline di viti e ulivi. Come non comprendere le ragioni che spinsero gli uomini primitivi a costruire qui il loro residence con piscina ante litteram? Ora cosa resta di quel villaggio? Uno scavo protetto da un ampio tendone bianco reso allegro da dipinti con spighe mosse dal vento.
Gli scavi archeologici
L’effetto dalla strada è una macchia bianca nel verde di un campo di mais. Quando arrivi trovi gli archeologi che scavano tra i pali di 4000 anni fa, perché tutto ciò che cadeva dalla palafitta si conservava nell’acqua in seguito diventata torba. Qui si trovano reperti preziosi e rari: manufatti e strumenti in legno, tessuti, cesti, resti di pasto e persino (poco invitanti) panini. E poi vasi, oggetti in corno di cervo e in bronzo.
L’antico villaggio, fondato nel 2034 a.C., era stato distrutto da un incendio. Gli abitanti, prima di ricostruirlo, avevano deposto il cranio di un bambino di tre anni, Gabry. Un rito di fondazione, nella speranza che il nuovo villaggio avesse maggiore fortuna. E di fortuna ne ha avuta, perché è stato ritrovato, viene investigato e nel 2011 è entrato nel Patrimonio dell’Umanità Unesco. Presto diventerà un parco archeologico. È un luogo per passeggiate a cavallo o a piedi, per appassionati di archeologia e un po’ per tutti.
I reperti conservati al Mavs
Invece per vedere Gabry e una selezione di reperti dovete andare al Mavs (Museo Archeologico della Valle Sabbia) di Gavardo. Sotto il tendone bianco, tra la selva di pali, ti perdi nel tempo e nello spazio, in un lago non più lago, tra case non più case, tra persone che con metodi scientifici cercano risposte che vanno oltre la scienza e sconfinano nella ricerca di sé.
La chiesina di San Pietro in Lucone, con i suoi affreschi trecenteschi, osserva dall’alto il passato che si fonde con la natura e con il presente.
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