Com’è cambiata la Germania, spiegata da chi la conosce bene

Intervista al professor Gherardo Ugolini su una delle nazioni cardine dell’Europa e la crisi economica, ma anche sociale e culturale che sta vivendo il popolo tedesco
Il palazzo del Reichstag
Il palazzo del Reichstag
AA

Gherardo Ugolini, filologo ed ellenista, bresciano di nascita e docente universitario a Verona, vanta con il Giornale di Brescia una collaborazione di lungo corso, cominciata nel 2003.
In questi ventidue anni ha scritto settecento articoli, raccontando passo passo l’evoluzione di una terra con la quale Brescia intreccia da decenni il proprio destino. E proprio a lui, per capire meglio che il momento difficile che stanno vivendo i tedeschi, abbiamo chiesto di aiutarci a capire.

Il professor Gherardo Ugolini © www.giornaledibrescia.it
Il professor Gherardo Ugolini © www.giornaledibrescia.it

Professor Ugolini, la Germania non la conosce per sentito dire.

Vi ho vissuto stabilmente dall’inizio degli anni Novanta e da alcuni anni, avendo avuto la cattedra universitaria a Verona, faccio il pendolare con Berlino, dove ho casa e una parte della famiglia.

Una frequentazione di lungo corso.

Iniziata già dagli anni Ottanta, quando vi passavo le estati a frequentare corsi di lingua.

La vulgata riferisce di una nazione in crisi di identità, incapace di trovare soluzioni efficaci e creative per fare fronte ad una instabilità dapprima economica, poi politica e sociale. È come se abituati a viaggiare sempre spediti come treni, ora che non esistono più binari, i tedeschi si siano persi, ingigantendo da loro stessi problemi che con maggiore flessibilità potrebbero non comportare una paralisi.

Mi pare una sintesi che corrisponde in larga misura al vero. Non ho mai visto un momento di tanta incertezza, fragilità e crisi identitaria come quello attuale.

Il disorientamento che accomuna molte nazioni.

Sì. Il mondo sta cambiando repentinamente ed è difficile per tutti i paesi UE trovare la bussola e adattarsi alle nuove emergenze. Per i tedeschi è particolarmente complicato, vuoi per ragioni storiche, vuoi per un’attitudine consolidatasi nel tempo a non saper gestire le emergenze inattese, quelle che richiedono soluzioni rapide e creative.

La crisi economica non è un’emergenza, nel senso che persiste da tempo.

È il risultato di un’impostazione di lunga durata che si basa sul privilegio dell’export, sul rigore finanziario sempre e comunque e sul conseguente risparmio negli investimenti necessari per rimodernare le infrastrutture.

Il pareggio di bilancio come totem, un’autentica professione di fede.

Ma fallace. E ora, improvvisamente, si decide di spendere quantità di denaro inimmaginabile rompendo il freno costituzionale del debito (Schuldenbremse). Paradossale poi che a proporlo sia proprio Friedrich Merz, allievo di Schäuble, da sempre - e ancora l’altro ieri, in campagna elettorale - risoluto avversario di chi parlava di flessibilità nel bilancio pubblico.

Mentre i partiti tradizionali scricchiolano, quelli estremisti prosperano.

La presenza di forze politiche di estrema destra (AfD) non è mai stata affrontata in modo serio, ma sempre demonizzata come un problema delle regioni orientali, come frutto di disagio economico ed emarginazione sociale. Ora, d’acchito, si crede di risolvere il problema adottando politiche rigorose sull’emigrazione irregolare che sono simili a quelle proposte dalla stessa AfD.

Sui timori di guerra qual è la posizione tedesca?

Estremamente nevrotica. Una Germania militarizzata e magari dotata di bomba atomica non mi tranquillizza affatto (e molti tedeschi non lo vogliono).

Numerosi italiani che hanno vissuto in Germania o che ci vanno spesso, parlano di un peggioramento della situazione, specie nelle grandi città, in più settori, dal decoro urbano ai trasporti. È una sensazione che condivide?

Sì. Quando mi trasferii a vivere in Germania per il dottorato di ricerca, nella Monaco di fine anni Ottanta, ero incantato dalla qualità di vita, dalla facilità di accedere a istituzioni come teatri e sale musicali senza spendere troppo, dalla puntualità dei mezzi pubblici, dalle lettere recapitate da una città all’altra in 24 ore. Mi affascinava il senso civico e l’onestà dei politici, l’informazione sobria e minimalista di giornali e telegiornali.

Ora invece?

Questo paesaggio mentale è da tempo tramontato, anche se non ovunque in modo omogeneo.

La cosmopolita Berlino fa eccezione?

Purtroppo no. Fino ai primi anni del nuovo secolo l’attuale capitale era trasandata, ma attirava i giovani, sprizzava energia creativa, dava chance a tutti: le infrastrutture funzionavano e i prezzi erano convenienti. “Povera ma sexy” era il motto del borgomastro di allora, Wowereit. Il deterioramento degli ultimi anni è sotto gli occhi di tutti; su questo credo che non ci sia dubbio alcuno.

E i servizi? Peggiorati anch’essi?

Le ferrovie tedesche, la mitica Deutsche Bahn, è messa davvero malissimo, colpita da scioperi frequenti e da ritardi continui dei treni. La posta ha chiuso il 50% degli uffici costringendo la gente a lunghe camminate per ritirare un pacco o incombenze del genere. E non parliamo della sanità: è vero, quando si è assicurati si ha diritto a prestazioni gratuite anche dal dentista, ma per visite di routine o esami ci vogliono mesi d’attesa ed è difficile trovare uno studio medico che accetti nuovi pazienti.

Sembra la descrizione dell’Italia…

“Italienische Verhältnisse” dicevano un tempo i tedeschi, che oggi si ritrovano in casa quel caos italico tanto deriso.

Qualcosa di positivo ci sarà?

Certo. Non vorrei dare l’impressione di vedere tutto negativamente. Ci sono a Berlino, splendide biblioteche, aperte fino a mezzanotte, dove si lavora in maniera eccellente. Parlo ovviamente di ciò che frequento abitualmente. Se la scuola tedesca è allo sfascio, l’università si difende egregiamente (oltre al fatto di essere gratuita).

Sempre in tema di impressioni, quella di una Germania di nuovo “divisa” tra est e ovest è intuibile dai risultati delle recenti elezioni.

Confermo. I decenni della DDR hanno segnato in profondità il popolo tedesco di quella parte e certe caratteristiche si tramandano nelle generazioni più giovani. Non è solo un fatto di benessere economico (a est ci sono zone che hanno conosciuto un notevole sviluppo), ma proprio di mentalità, di approccio al lavoro, di modo di pensare. I successi di AfD da quelle parti vengono anche da lì.

Gli estremisti sfondano cavalcando il disagio?

Non esclusivamente. Ho passato il mese di gennaio a Weimar per delle ricerche all’archivio Nietzsche e ho potuto constatare come quella parte di Germania sia “conservata” meglio di quella occidentale. Maggiore gentilezza, maggiore lentezza, curiosità... A Weimar, per dire, stanno tutti bene, è una città di studenti, fiera della sua storia, guidata da una borghesia colta: fino a quest’anno l’AfD non aveva sfondato, ora è il primo partito pure lì.

A chi è imputabile la responsabilità di questa frattura?
Se la Germania continua ad essere divisa in due (e lo percepisci da come la gente si veste da come si atteggia etc.), la colpa è senz’altro della politica: la gestione del processo di unificazione è stato pessimo e a senso unico. Una “annessione” dicono i più cattivi, ma non sono lontani dalla verità.

Una divisione storica?

Anche di carattere culturale: il sud cattolico e il nord protestante, la Baviera e il Baden-Württemberg ricche e il Brandeburgo povero etc. Anche le differenze di classe sono più marcate che in Italia, così come più difficile è il salto sociale. Colpa di un sistema scolastico che condanna per lo più i figli di lavoratori e di stranieri a frequentare scuole tecnico-professionali senza accedere ai Ginnasi.

In sintesi, cosa possiamo dire?

La Germania che ho amato e stimato fino a pochi anni or sono non è più la stessa e non si sa cosa diventerà.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.