La Bce taglia i tassi, ora tocca all’Italia

Per rilanciare l’attività economica – sostiene la Presidente Lagarde – occorre che tutte le politiche economiche,comprese quelle fiscali e strutturali, diano il loro contributo, soprattutto puntando sul rafforzamento di produttività e competitività
La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde - Foto Ansa/Epa/Andre Pain © www.giornaledibrescia.it
La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde - Foto Ansa/Epa/Andre Pain © www.giornaledibrescia.it
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La Banca centrale europea ha deciso, nella riunione del Consiglio direttivo di ieri, una riduzione del tasso di interesse sui depositi di un quarto di punto percentuale (25 punti base), portandolo al 3,50%, riducendo anche gli altri due tassi di riferimento (in misura maggiore il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale che scende al 3,65% e quello sui rifinanziamenti marginali che passa al 3,90%).

Se confrontata con le aspettative degli operatori, la decisione si colloca a metà strada tra l’attesa dei pessimisti, che ritenevano possibile un rinvio del taglio alla prossima riunione di ottobre, e quella degli ottimisti, che consideravano plausibile un taglio di mezzo punto. La giustificazione di un taglio di questa entità è che, da un lato, l’inflazione sta convergendo verso l’obiettivo del 2%. Secondo le proiezioni della stessa Bce passerà nell’area euro dal 2,5% del 2024, al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026; peraltro sia l’inflazione di base che quella dei servizi sono state riviste leggermente verso l’alto.

Quindi la Bce «manterrà i tassi di policy sufficientemente restrittivi» tanto a lungo quanto sarà necessario per raggiungere il target d’inflazione del 2% e continuerà a seguire «un approccio dipendente dai dati riunione per riunione». Dall’altro lato, però, il livello di attività economica resta sotto tono, riguardo sia ai consumi che agli investimenti. Le proiezioni della Bce indicano una crescita complessiva dell’area dello 0,8% quest’anno.

Per rilanciare l’attività economica – sostiene la Presidente Lagarde – occorre che tutte le politiche economiche,comprese quelle fiscali e strutturali, diano il loro contributo, soprattutto puntando sul rafforzamento di produttività e competitività. A questo proposito, Lagarde cita espressamente nella conferenza stampa il «Rapporto sul futuro della competitività europea» di Mario Draghi e quello di Enrico Letta sul «rafforzamento del Mercato Unico».

Da questi rapporti emerge l’inderogabile necessità di urgenti riforme in campo economico, nonché di una revisione della governance economica di tutta l’Ue. Il taglio dei tassi della Bce dovrebbe prossimamente riflettersi in una riduzione dei tassi di interesse sui mutui alle famiglie, di quelli sui prestiti alle imprese e fare così da stimolo all’intera economia. Bisogna peraltro riconoscere che la misura decisa ieri è ancora limitata e dovrebbe essere seguita da azioni più continuative nei prossimi mesi.

In realtà, al di là dell’ammissione che la crescita economica nell’Eurozona continua ad essere debole, andrebbe aggiunto che in certi paesi o in taluni settori la situazione è veramente critica. Se prendiamo come esempio l’Italia, in aggiunta ai noti problemi dei conti pubblici (di cui ci si comincia a preoccupare in vista della prossima legge di bilancio), va sottolineato che l’economia reale è davvero in sofferenza.

Questa settimana l’Istat ha pubblicato i dati sulla produzione industriale italiana a luglio: l’indice è del 3,3% inferiore a quello di un anno prima; a livello mensile si tratta addirittura del diciottesimo calo consecutivo: una sequenza di segni meno impressionante. Trai vari comparti, si segnalano i crolli su base annua nella produzione di auto (-35%), ma anche nel tessile-abbigliamento (-18,3%).

È vero che l’industria è in crisi anche in altri paesi europei, come la Germania: ma,soprattutto in questo caso, non vale affatto il detto «mal comune mezzo gaudio». Inoltre, se pur è vero che il Pil italiano complessivo continua a crescere, seppur lentamente (un po’ sotto l’1%), è solo grazie all’espansione dei servizi, soprattutto il turismo. Ma quella che rimane una potenza manifatturiera, a livello europeo ed anche mondiale, può accontentarsi di questo?

Enrico Marelli – Docente di Politica economica Università di Brescia

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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