Bolivia, golpe sventato grazie alla scelta istituzionale di Arce
La rimozione del comandante dell’esercito boliviano Juan José Zúñiga, in seguito alle dure e minacciose affermazioni contro l’ex presidente Evo Morales è stata la classica miccia incendiaria del tentativo di colpo di Stato, del 26 giugno, pianificato dallo stesso Zúñiga con l’appoggio di alcuni settori dell’esercito e della polizia, e tuttavia fallito dopo poche ore. L’ormai ex militare è stato arrestato. Le immagini dei blindati che tentano di abbattere le porte di ingresso del palazzo presidenziale a La Paz sono state subito trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo.
È stata unanime la condanna del golpe e il rispetto per la democrazia boliviana. Per comprendere la strategia golpista di Zúñiga, una delle letture politiche più accreditate è quella che vede l’ex comandante porsi come il «terzo che gode» del conflitto tra i due leader del Movimento per il Socialismo (Mas), impegnati già da tempo a sfidarsi in vista delle prossime elezioni (2025).
Da un lato l’ex presidente Evo Morales e dall’altro lato Luis Arce, presidente in carica, ex alleato di Morales e attualmente suo acerrimo rivale nel Mas, partito radicato soprattutto nelle aree rurali, con una base sociale composta da popolazioni indigene, piccoli coltivatori e dai cocaleros (i coltivatori di coca), le cui rivendicazioni vengono tradotte in un programma politico incentrato sull’opposizione all’élite, erede della colonizzazione europea dell’America Latina, al potere.
In seguito alle manifestazioni di interesse di Morales e di Arce a ricandidarsi, Zúñiga ha dichiarato in tv, nelle ore precedenti il tentativo di golpe, che Morales non poteva più essere il presidente della Bolivia. Ma Arce, pur essendo ormai da tempo rivale di Morales, ha ritenuto che utilizzare il comandante contro l’ex sindacalista dei cocaleros per avere più chance di un secondo mandato alle prossime presidenziali sarebbe stato controproducente. Ha quindi deciso di mantenere lo scontro sul piano esclusivamente istituzionale e politico. Ha sfidato a viso aperto l’ex comandante, avendone in un primo momento chiesto le dimissioni, e successivamente non arrendendosi ai golpisti. Forte dell’appoggio del popolo che scacciava i militari occupanti la piazza antistante il palazzo presidenziale al grido «non sei da solo!», Arce ha nominato un nuovo comandante, il quale ha provveduto subito a richiamare le truppe nelle caserme, disinnescando di fatto il piano golpista.
Il profilo istituzionale tenuto da Arce - ritenuto dagli Usa, dalla Comunità Europea, alleati regionali della Bolivia, e persino dai suoi oppositori come uno dei protagonisti, se non il principale, della difesa della democrazia boliviana - lo colloca a buon diritto come il favorito per le prossime elezioni presidenziali. La sua popolarità cresce, mentre perde credito anche all’interno del Mas la teoria del complotto militare ordito ai danni di Morales, visto che chi ha corso i rischi più seri di fronte all’invasione del palazzo presidenziale da parte dei militari è stato Arce, il quale può ulteriormente irrobustire la sua leadership con le riforme sociali promesse, la crescita del Pil del 3% rispetto al 2023 e il controllo dell’inflazione.
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