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Un ristorante fa pubblicità con il marchio di Cannavacciuolo: tre a processo, uno è di Lumezzane

Il marchio dello chef stellato era stato usato indebitamente da un locale di Marina di Ravenna, gestito all'epoca da una società bresciana
Lo chef Antonio Cannavacciuolo - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Lo chef Antonio Cannavacciuolo - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Tre persone sono finite a giudizio con l'accusa di avere indebitamente usato il marchio omonimo registrato dello chef pluristellato Antonino Cannavacciuolo, noto anche per le sue partecipazioni a trasmissioni tv come MasterChef Italia.

I fatti risalgono tra il settembre 2018 e il dicembre 2019 e riguardano un ristorante di Marina di Ravenna. Per tutti il processo per violazione dell'articolo 473 del codice penale partirà a fine mese davanti al Tribunale monocratico di Ravenna. Si tratta di un 63enne di Lumezzane, in Valtrompia, e di due cubani, un uomo e una donna, di 32 e 50 anni residenti a Marina Romea, sul litorale ravennate. I tre, difesi dagli avvocati Marco Agosti, Chiara Belletti e Luigi Berardi, sono stati indicati come amministratori di diritto o di fatto della società bresciana legata in quel periodo alla gestione del locale.

A fare la denuncia ai carabinieri della stazione di Orta San Giulio (Novara) era stato lo stesso chef avvisato il 9 settembre 2018 via Facebook da un'ammiratrice culinaria di un volantino con sua foto pubblicizzante la riapertura del locale ravennate con «menu di pesce e crudité curato dallo chef Antonino Cannavacciuolo». Era poi emerso un camion vela con la gigantografia dello chef accostato al nome del ristorante in questione. Cannavacciuolo, originario di Vico Equense (Napoli) ma residente nel Novarese, aveva allora dato incarico alla sua segretaria di chiedere informazioni. La donna si era finta cliente: la successiva telefonata al locale di conferma dei fatti era stata registrata e consegnata all'Arma.

Gli inquirenti erano poi risaliti alla tipografia a Cesena. Il titolare davanti ai carabinieri non solo aveva indicato i presunti committenti, ma aveva precisato anche di non essere mai stato pagato. E aveva ricordato che poco dopo la pubblicazione dei volantini, lo aveva chiamato un uomo qualificandosi come vecchio titolare del ristorante il quale gli aveva chiesto se fosse stato autorizzato a fare pubblicità usando «nome e immagine dell'illustre chef».

Il locale in questione era molto rinomato negli anni '80 e '90 a Marina di Ravenna tanto da essere frequentato, tra gli altri, pure dall'imprenditore Raul Gardini. Poi il declino, la chiusura quindi il nuovo titolare e la gestione affidata a terzi. Da ultimo i carabinieri della stazione di Marina di Ravenna coordinati dal Pm Marilù Gattelli, avevano sentito la 32enne ora sotto accusa: la donna, presentandosi come cameriera del locale alle direttive del 63enne bresciano, aveva affermato di avere ricevuto quel menù da Cannavacciuolo nel novembre 2016 in occasione del programma «Cucine da incubo» quando lei gestiva un ristorante a Suzzara (Mantova). E di avere pensato che si potesse usare per fare pubblicità: per questo a suo dire aveva proposto l'idea al 63enne, il quale le avrebbe poi detto di contattare la società di promozione. In quanto al marchio Cannavacciuolo, secondo le carte del fascicolo risulta essere stato depositato il 27 luglio 2017 all'ufficio italiano Brevetti e Marchi con data di concessione al primo giugno 2018, cioè pochi mesi prima dei fatti contestati.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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