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Claudio Morbi e il paradosso della pizza margherita

Tutti sanno subito se è buona (o no). Impariamo dai social. Troppe aziende sono in ritardo.
Claudio Morbi, fondatore e guida della Stain - © www.giornaledibrescia.it
Claudio Morbi, fondatore e guida della Stain - © www.giornaledibrescia.it
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Lui stesso lo definisce un paradosso, ma - come tutti i paradossi - ha della verità. «Oggi ordini la pizza on line e puoi condividere con mezzo mondo se è buona o no. E invece ci sono aziende - ancora troppe - dove ti accorgi che stai facendo troppi scarti dopo 8 ore. È mai possibile? Che una pressa stampi in 60’ o in 63’ non è banale. Tre secondi, che sono mai, si potrebbe dire. Ma è il 5%, se lo moltiplichi magari su tre turni fate voi il conto...».

Claudio Morbi, ingegnere, fondatore della Stain, antesignano del digitale (più di 25 anni fa). È bello parlare con Morbi perché fa capire anche a chi non è del mestiere (il sottoscritto) alcune cose del 4.0. Due mesi fa ha passato una settimana in Germania in tour con StudioBase , («utilissimo») e se n’è tornato rafforzato in alcune convinzioni.

La prima: «Il 4.0 non è questione di tecnologia, almeno per la gran parte. È una questione di organizzazione. In Germania abbiamo visitato alcune grandi fabbriche. E la sensazione netta è che - accanto ovviamente a impianti straordinari - i tedeschi stiano intervenendo sull’organizzazione delle fabbriche, sulla formazione, sul coinvolgimento dei dipendenti. Il vero salto è questo: intervenire sull’organizzazione».

Però lei stesso dice che il parco macchine è straordinario...
«Guardi: le macchine ci sono. Ma non è che nelle aziende italiane siamo all’anno zero. Affatto. In molte, moltissime realtà, siamo competitivi con i tedeschi. Sul resto, invece... Consideri che acquistare macchine oggi è la cosa più facile, è la cosa che più facilmente un imprenditore capisce, a maggior ragione con le agevolazioni fiscali che adesso ci sono. Il problema è quell’altro: intervenire sull’organizzazione dell’azienda».

Si fa fatica a capire come le aziende siano così restie su questo aspetto.
«Non lo dica a me. Esempio: nelle scorse settimane abbiamo portato un bel numero di imprenditori a vedere un’azienda vicentina con cui abbiamo lavorato. Un bell’esempio di tecnologia e di organizzazione testimoniata da quanto visto e dall’imprenditore vicentino. Tutti convinti della bontà di quanto fatto, ma, quando si tratta di decidere se "importare" in casa propria quel modello, ecco che cominciano i problemi, i dubbi, le ritrosie, eccetera. Intendiamoci: non mi aspettavo la coda a firmare ordini, ma diciamo che l’entusiasmo, su questi temi, non è virale».

Probabilmente abbiamo bisogno di tempo. I tedeschi col 4.0 sono partiti quattro anni fa...
«È quel che penso anch’io. Si semina e son certo che raccoglieremo. È un percorso lungo, un salto culturale non facile. Mi ha sorpreso, per restare alla Germania, la capacità tedesca di comunicare la tecnologia. Anche in questo dobbiamo imparare. Faccio un esempio, curioso: in un’azienda ho visto proiettare sul pavimento della fabbrica i numeri che solitamente sono visibili su uno schermo. Mi hanno detto che anche questo serve al coinvolgimento, alla partecipazione ai risultati, rende più alta la percezione del prodotto».

Sembra però che la tecnologia quasi passi in secondo piano. Parliamo di 4.0 e sprechiamo le foto dei robot più o meno collaborativi...
«Ripeto: la tecnologia serve, ma dopo (o con) l’organizzazione. Oggi è evidente che per migliorare prodotti e processi serve tecnologia. E quindi il digitale. Non ci piove. Oggi il mercato chiede sempre più prodotti in tempi rapidi e personalizzati. Senza le tecnologie digitali non si va da nessuna parte. Più rapidità e personalizzazione significano più complessità e gestire le complessità non è - per definizione - facile. La tecnologia genera consulenza e la consulenza genera tecnologia. È sempre stato così. Per questo penso che ogni azienda dovrebbe essere interessata a capire che può evitare di perder i 3 secondi ricordati agli inizi. Non avere 100 microperdite fa un bel guadagno».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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