Petrini: «Crisi climatica? Dobbiamo ridurre il consumo di carne»
«Il sistema alimentare globale è il principale responsabile dei cambiamenti climatici». Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, ne è più che convinto. L’occasione per parlarne si è presentata ieri mattina nel padiglione Agricoltura di Futura Expo. Affiancato da Maurizio Zipponi, presidente di Fondazione Una, il gastronomo che guida l’associazione del cibo «buono, pulito e giusto» ha invitato tutti a riflettere sulla necessità di una svolta immediata. Una svolta che veda tutti noi «soggetti attivi del cambiamento: veniamo dalla rivoluzione industriale e stiamo entrando in un periodo storico destinato a durare decine di anni se non secoli - ha detto -. È quello della transizione ecologica. Le risorse, del resto, non sono infinite e dobbiamo trovare il modo di farle durare di più».
Sostenibilità
Ecco quindi che entra in gioco il concetto di sostenibilità, un termine di questi tempi molto abusato. Perché «una grande azienda che installa quattro pannelli fotovoltaici non può dirsi sostenibile. Lo sono invece quelle azioni svolte dagli individui e dalla collettività allo scopo di raggiungere obiettivi che durino nel tempo. Azioni che necessitano di sacrificio, creatività e cambio di paradigma. Azioni che non vanno messe in pratica col magone: non stiamo iniziando un periodo di mortificazioni. Per affrontare la transizione ecologica serve un atteggiamento positivo, bisogna essere consapevoli che questa è la strada che rigenera e migliora la salute».
Il primo cambiamento necessario riguarda il cibo. Basti pensare che «il 37% della produzione globale di CO2 deriva dal sistema alimentare e "solo" il 17% dalla mobilità». E che «il 32% degli alimenti viene buttato: è una vergogna planetaria da un miliardo e mezzo di tonnellate - ha spiegato -. Una vergogna in cui ci siamo anche noi. Ecco perché dobbiamo diventare soggetti attivi della svolta».
I consigli
Come? Il presidente Petrini ha elencato una serie di azioni che tutti potrebbero applicare nel quotidiano. Innanzitutto fare la spesa dai produttori locali dando così valore anche ai giovani che tornano a coltivare la terra. Quindi fare attenzione alla stagionalità dei prodotti: «Fa più danni una pera bio arrivata fuori stagione dall’Argentina di una pera comune comprata nel giusto periodo». Altro consiglio: ridurre il consumo di proteine animali. «Quando ero giovane io - ha raccontato - si mangiavano 40 chili di carne all’anno a persona, ora 95: è troppo, anche per una questione di salute». Ridurla non significa eliminarla o avere un’alimentazione triste: «C’è una varietà di prodotti da scoprire».
Più selvaggina
Quindi le ultime tre dritte: tagliare lo spreco, ridurre il consumo di cibi iperprocessati e rifiutare la plastica monouso. «Fare tutto questo vuol dire mettere in pratica una nuova politica», ha sentenziato l’esperto. Alle strategie proposte da Petrini, Zipponi ne ha aggiunta un’altra: «Una delle soluzioni potrebbe essere mangiare selvaggina. Noi, come Fondazione Una (realtà che unisce il mondo ambientalista, agricolo e venatorio, ndr), nel nostro piccolo collaboriamo con l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (Cn) per fare formazione in tal senso».
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