Economia

Per i professori «domanda e offerta di lavoro non sanno dialogare»

Martinelli (Mantegna): «Alcuni ristoratori vorrebbero giovani soldatini già formati»
Un laboratorio formativo dell'istituto Mantegna - © www.giornaledibrescia.it
Un laboratorio formativo dell'istituto Mantegna - © www.giornaledibrescia.it
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«Quante volte ricevo telefonate del tipo: "Hai un cuoco?" Ma cosa intendono? Sanno davvero chi stanno cercando? O è sufficiente che nel loro ristorante entri una persona vestita di bianco?». Marco Martinelli, docente della scuola alberghiera Mantegna, ha la sensazione che molte occasioni vadano perse perché domanda e offerta non siano in grado di formulare la loro proposta e di comunicare.

Il professore «bacchetta» i ristoratori - non tutti, sia ben chiaro - che hanno una concezione antiquata del lavoro e non sanno attrarre e trattenere personale. Allo stesso tempo, però, non risparmia critiche nei confronti dei giovani che alla prima difficoltà chiamano i genitori e fanno un passo indietro. A suo avviso ciò che la scuola può fare è aiutare il più possibile i due mondi ad avvicinarsi e dialogare: «La nostra scuola è aperta alle aziende», sottolinea il professor Martinelli affiancato dal preside Giovanni Rosa. «Di buon comando».

Il docente e il collega Agostino Stradaioli raccontano di esperienze virtuose in cui i giovani sono stati inseriti e aiutati a crescere. Ma riferiscono anche che «ci sono ristoratori con la pretesa di assumere figure giovani "fatte e finite". Che oltre ad essere già formate, siano pure dei soldatini. Ossia quelli che una volta - aggiunge Stradaioli - venivano definiti "ragazzi di buon comando"».

Gli stessi stage non sempre si rivelano stimolanti: «Noi - aggiunge il professore - li intendiamo delle occasioni offerte agli alunni per avere un’infarinatura concreta del settore dalla "A" alla "Z" e non solo come settimane in cui imparare a pelare le patate o poco più. I cuochi dovrebbero mostrare agli studenti gli aspetti meccanici del lavoro, ma anche quelli più belli e soddisfacenti. Alcuni lo fanno, non lo nego, e i risultati si vedono. Altri sbagliano il metodo di accoglienza. È un peccato!».

Perché in tanti, dopo le prime esperienze sbagliate, decidono di trovare lavoro in un altro ambiente. Altri ancora, invece, si iscrivono all’università. I problemi riscontrati in alcune cucine, insomma, concernono le relazioni personali. Ma anche gli orari. Circa questo secondo punto i due insegnanti ammettono che «con la pressione fiscale esagerata che caratterizza questi tempi, è difficile, ed economicamente insostenibile, gestire una cucina su due turni. Serve un intervento dello Stato».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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