Inflazione, caro materie prime e crisi occupazionale: cosa preoccupa le imprese bresciane
Inflazione, caro energia, prezzi dei fornitori all’insù, crisi del mercato occupazionale, recrudescenza del virus, incertezza politica e guerra in Ucraina sono tutti fattori che fanno schizzare alle stelle la preoccupazione delle imprese bresciane del terziario. Imprese (sono quasi 60mila, il 65% del totale) che nel presente dimostrano caparbietà, capacità di resilienza e voglia di investire, ma guardano al futuro con pessimismo.
È quanto emerso da un’indagine dell’Osservatorio congiunturale che ha visto al lavoro Confcommercio Brescia e l’istituto Format Research.
Entrando nel dettaglio i ricavi registrati nel primo semestre dell’anno sono in miglioramento così come la percezione delle imprese circa l’andamento della propria attività. Ma le previsioni per i prossimi mesi parlano di un calo, accompagnato da un ulteriore aumento dei costi. Il clima di fiducia nei confronti dell’economia italiana è, quindi, in netto peggioramento. Il fatto che Brescia e Bergamo nel 2023 saranno la Capitale italiana della cultura potrebbe essere un’occasione di rilancio, ma ad oggi quasi nove attività su dieci non si attendono incrementi significativi dei propri ricavi.La crisi del mercato occupazionale
Negli ultimi sei mesi la ricerca di personale è stata effettuata da sei imprese su dieci affidandosi a conoscenze dirette (il 58,8%), agenzie per il lavoro (il 38,7%) e candidature sul sito aziendale (32,8%): più della metà ha avuto difficoltà a trovare le figure di cui aveva bisogno.
Per quali motivi? I principali sono la scarsità delle competenze (62,1%), mansioni ritenute poco attrattive (26,1%) e retribuzione definita insufficiente (24,8%). Questo ha comportato una mancata innovazione dei servizi e una riduzione del 19% dei ricavi.
Tra le soluzioni che le imprese hanno proposto spiccano la contrazione del costo del lavoro e dei carichi fiscali e l’aumento delle agevolazioni per assumere giovani, donne e over 50. Le imprese si sono inoltre dichiarate disposte a prevedere premi di produzione (il 43,8%) e corsi di formazione (40,8%) a dimostrazione della loro voglia (e necessità) di risolvere il problema.
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