Caro energia, appello dell’industria: «A rischio intere filiere produttive»
A fine 2021, quando gli imprenditori bresciani lanciarono l’allarme sul «caro energia», il costo del gas viaggiava intorno alla cifra record dei 100 euro al megawattora. Nessuno avrebbe immaginato che pochi mesi dopo, sul protetto quanto enigmatico «listino» di Amsterdam, la quotazione avrebbe sfondato i 340 euro al megawattora. Impossibile predire quanto durerà, ma una cosa è certa: il prezzo fuori controllo dell’energia mette a rischio intere filiere produttive bresciane.
«La crisi di queste settimane è solo la goccia che fa traboccare il vaso». È tranchant il presidente di Confindustria Brescia, Franco Gussalli Beretta: «Famiglie e imprese stanno pagando a caro prezzo l’assenza di politiche energetiche e industriali». Colpa della politica italiana o europea? «Nessuno è esente da colpe. La politica italiana deve farsi carico della situazione di un Paese fortemente manifatturiero. In Europa ci sono equilibri, esigenze e prospettive diverse da considerare, ma dobbiamo comunque imparare a farci sentire di più».
Le richieste dei bresciani
Per il presidente degli industriali bisogna intervenire subito. «Spagna e Portogallo hanno adottato un loro price cap. L’Italia deve studiare come applicare una formula simile». «È necessario procedere all’ampliamento del credito d’imposta, prolungarlo ed estenderlo. Aiuterebbe anche la possibilità di cedere il credito». Nel 2021 Brescia ha esportato beni per 18,8 miliardi; l’andamento record è continuato nei primi sei mesi del 2022. «Il caro energia minaccia la nostra competitività sui mercati internazionali - chiosa il presidente -: faremo tutto ciò che è necessario perché la manifattura bresciana mantenga un ruolo centrale come fornitore delle filiere globali».
La mobilitazione
Il grido d’allarme è trasversale e tocca tutti: dagli energivori classici (siderurgia e metallurgia) alle cartiere, dalle lavorazioni meccaniche ai caseifici, sotto pressione anche albergatori ed esercizi pubblici. Venerdì scorso Confindustria Lombardia ha tenuto un Consiglio di presidenza straordinario, mentre ieri sera si è svolto un summit tra le territoriali regionali di Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Domani sarà la volta dei siderurgici, con il Comitato di presidenza di Federacciai che avanzerà le proprie richieste al Governo.
Nei giorni scorsi il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, aveva denunciato come «produrre con questi costi significa perdere centinaia di euro a tonnellata prodotta». «L’unica strada da percorrere è il price cap, anche autonomamente rispetto all’Europa».
La borsa di Amsterdam
La palla passa quindi all’Europa che, fino a oggi, sembra essere rimasta con le mani in mano. Ma cosa potrebbe fare? «Molte cose - spiega Flavio Bregant, direttore generale di Federacciai - come il disaccoppiamento del mercato TTS olandese. Un listino poco liquido, senza regole e che per questa ragione si presenta a molte incomprensibili speculazioni». «Sui mercati internazionali regolamentati se c’è un rialzo superiore al 10% l’ente regolatore sospende i titoli, ad Amsterdam non succede nulla».
I prossimi mesi saranno complicati. Secondo il direttore di Federacciai problemi arriveranno anche dalla Francia: «Sono previste manutenzioni delle centrali nucleari, ci sarà uno stop dell’importazione di energia elettrica, che non potrà essere coperta dal gas. Anche questo è un tema che va visto in ottica europea». Tutto il sistema va ristrutturato: «Ci sono storture incomprensibili, come le rinnovabili pagate a prezzo marginale, quando costano molto meno».
La sfida green
Per tutti è un baso di sangue, ma c’è chi in questi anni è riuscito ad alzare uno scudo al caro energia. Il gruppo Silmar (famiglia Niboli) autoproduce quasi il 30% del proprio fabbisogno energetico. «Abbiamo iniziato ad investire nel 2017 - spiega il presidente Orlando Niboli -. Sui tetti delle nostre aziende sono stati installati impianti fotovoltaici. Mentre Raffmetal ha attivato un impianto di recupero calore fumi dei forni, con un risparmio di 10.000.000 Mc3 di metano l’anno. Abbiamo nuovi investimenti in programma: l’obiettivo è produrre tutta l'energia elettrica che andremo ad autoconsumare».
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