Cultura

Le «Forme» di un’industria bresciana attenta al design

Marcello Zane racconta nel nuovo libro il salto compiuto dalle aziende storiche di Brescia verso la qualità anche estetica
  • Marcello Zane presenta «Forme. L’industria bresciana e il design: una lunga storia»
    Marcello Zane presenta «Forme. L’industria bresciana e il design: una lunga storia»
  • Marcello Zane presenta «Forme. L’industria bresciana e il design: una lunga storia»
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Se qualcuno ancora pensa che l’industria bresciana sia quella del tondino, legata solamente alla meccanica di filiera, è il momento di ricredersi. A mettere in chiaro che si tratta di un pregiudizio e che, in realtà, centinaia di aziende manifatturiere di casa nostra - a partire dall’Ottocento - abbiano realizzato prodotti destinati al consumo finale e legati all’idea di bellezza, ci pensa Marcello Zane col suo «Forme. L’industria bresciana e il design: una lunga storia» (Liberedizioni).

Lo ha specificato lo stesso autore bresciano, in dialogo con Mauro Martinuz e Piergiorgio Zendrini a Librixia: «Il territorio ha espresso fin da allora aziende con un’economia manifatturiera rilevante, non solo conto terziste, ma in grado di costituire brand decisamente importanti e riconoscibili, basati su forme affidate spesso a design di grande fama».

Il volume di Zane racconta, attraverso la storia di numerose aziende e la ricognizione di molteplici fonti, il lento evolversi dell’artigianato in industria e poi il salto compiuto verso la qualità estetica, che ha connotato soprattutto il ventesimo secolo, coinvolgendo vari comparti dell’economia locale (dai giocattoli ai casalinghi, dalle carrozzerie alle armi). Spiccano i casi del comparto Lumezzane e della Reguitti (terza azienda in Italia per numero di brevetti nel mobilio da esterno, dal 1946 al 1966, dietro solo a Gucci e Pirelli). Realtà come la Palini (per la sedia scolastica T12) e la Prefabbricati Pasotti (per un sistema in legno pure dedicato alla creazione di ambienti scolastici) si aggiudicarono il premio «Compasso d’oro», rispettivamente nel 1960 e nel 1970.

Oltre che su un importante apparato documentario quale impalcatura per la ricostruzione della vicenda, il lavoro si basa anche sulla disponibilità laddove possibile degli oggetti, che permettono «di interrogare le forme nuove». Un catalogo ragionato, peraltro, di quanto effettivamente prodotto lo si ha nell’esposizione in Castello del 1904 (mentre era capo del governo il bresciano Giuseppe Zanardelli). «Ho cercato anche di capire - prosegue Marcello Zane - quale fosse l’atteggiamento dei bresciani, dal punto di vista economico, nell’acquistare oggetti non più solo funzionali, ma scelti anche per arredare, che fungevano da status symbol».

Uno spartiacque venne rappresentato senz’altro dalla spinta verso il consumismo, propria del secondo Novecento. Ne emerge un panorama di imprenditori, artisti e designer locali, di sperimentazioni e pratiche eccellenti che vengono ad arricchirsi ulteriormente prima nello studio in scuole tecniche, quindi direttamente in fabbrica per toccare, poi, l’incontro con personaggi chiave del design e dell’architettura italiani, come Giò Ponti, Achille Castiglioni o Giuseppe Terragni.

Il «segreto», se tale si può definire, di questa tradizione fortemente innovativa sta nel legame tra cultura del progetto, quindi tra i progettisti e capacità tecnica sistemica interna all’azienda. E non è mancata l’attenzione all’aspetto promozionale e pubblicitario: la Gnutti, per esempio, specializzata nella produzione di armi bianche, già nel 1904 pubblicava un modernissimo catalogo in tre lingue.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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