Capitale della Cultura: il restauro dei capolavori di Tiepolo, orgoglio della Bassa
Forse era solo un perfezionista, oppure voleva mantenere alta anche in provincia la reputazione della sua eccellenza; forse non voleva sfigurare di fronte alla committente, la nobile Elisabetta Grimani, o più semplicemente non poteva che lavorare così, da grande maestro.
Perché certamente Giambattista Tiepolo non avrebbe mai immaginato che quasi duecento anni dopo la realizzazione dei suoi capolavori - i due immensi teleri con «Il sacrificio di Melchisedec» e «La caduta della manna» che ornano la Cappella del Sacramento nella Basilica di Verolanuova - appassionati e curiosi sarebbero saliti sui ponteggi per ammirare a tu per tu la sua pittura, scrutandone i dettagli, contando le pennellate, spalancando gli occhi davanti alle soluzioni tecniche adottate qui per sfumare l’ala di un angelo, là per dare il riflesso giusto a un vaso di metallo, e ancora per disegnare il naso adunco di un vecchione, o il fianco morbido di un’ancella.
Il progetto
Oggi (orario 11-13 e 14-16), domani (12-17.30) e poi fino a domenica 4 giugno (info e orari su www.tiepoloverolanuova.it anche per gli eventi collaterali) Tiepolo si rivela, dopo il complesso restauro che ha ridato luce alle tele.
Un’operazione che ha coinvolto una filiera di protagonisti, sotto la regia dello storico dell’arte Davide Dotti: dalla parrocchia retta da don Lucio Sala («recuperare un patrimonio che ci è stato consegnato, è doveroso nei confronti della comunità cristiana e di tutta la comunità verolese, metteremo a disposizione 60 volontari per accompagnare le visite») al sindaco Stefano Dotti («una grande emozione, un volano per un territorio che nasconde grandi tesori») fino ai generosi sponsor: in prima linea la Fondazione della Comunità Bresciana, rappresentata ieri dalla direttrice operativa Orietta Filippini, che ha operato attraverso il Fondo Fidanza («abbiamo voluto restituire a un territorio che ha dato tanto per la crescita della nostra azienda» ha commentato Virginio Fidanza), ma anche Bper Banca (con Maurizio Veggio, direttore territoriale Est- Triveneto), Lic Packaging, Inblu e tanti altri.
Il restauro
Una squadra robusta, per un restauro «doveroso e necessario» come lo ha definito Angelo Loda storico dell’arte della Soprintendenza che ha supervisionato l’intervento degli studi Abeni Guerra di Brescia e Antonio Zaccaria di Bergamo. Qualche numero per dare l’idea dell’impresa: 106 metri quadrati di pittura da «revisionare» (le opere sono state lasciate in loco, dopo aver verificato la tenuta della foderatura realizzata da Pelliccioli nel 1952, quando le due tele vennero portate nel Duomo vecchio e stese a terra per essere curate), dodici mesi di lavoro, 1.500 ore per la pulitura, 800 per la stuccatura delle lacune, duemila per il ritocco pittorico.
Le scoperte
Poi, la ricerca d’archivio condotta dalla giovanissima verolese Laura Sala. Si è potuta precisare la committenza, nel 1740 direttamente al pittore da Elisabetta Grimani, nobile veneziana moglie di Carlo Antonio Gambara, famiglia patrocinatrice della basilica; e la datazione, tra il 1744 e il 1748. «Quando le due opere furono ricoverate a Roma nel 1918, durante la Grande Guerra - ha ricordato Sala - i fabbricieri supplicarono di farle tornare a Verolanuova dove le tele "furono e saranno tutelate sempre al meglio", una tutela e una cura che l’attuale restauro non fa che confermare».
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