Tartara di fassona marinata con verdure e salsa tamari
In cucina, ma ancor di più in pasticceria è il dettaglio a fare la differenza. Ne è convinto Beppe Maffioli, chef del «Carlo Magno» di Collebeato oltre che apprezzato docente di Cast Alimenti, la riconosciuta «università» del gusto. Al punto che ogni piatto è frutto di cura e precisione al pari d’una delicata creazione d’arte pasticcera.
Lo testimonia la ricetta che ci ha dettato oggi. «Insisto sui vari passi d’ogni ricetta - spiega - non solo per una questione didattica o didascalica, ma perché la correttezza d’ogni passaggio è la chiave per la riuscita del piatto, di ogni piatto: dal più semplice al più complesso».
«La mia cucina - prosegue Beppe Maffioli - è basata su pochi ingredienti per ciascuna preparazione, ma con incontri studiati nei tempi giusti e con le giuste temperature. Solo così può emergere appieno il sapore d’ogni ingrediente e il gusto complessivo dell’amalgama».
«In questa ricetta - conclude lo chef - sono tanti i particolari che conducono al risultato. Certo si deve partire dalla qualità assoluta della carne, così come ritengo qui ineliminabile l’uso del sottovuoto. È infatti solo con l’assenza d’aria che l’osmosi tra la marinata e la carne è completa, innescando un processo che arricchisce la carne di tutti i sapori della marinatura esaltandone le qualità originarie».
L'INGREDIENTE
Il manzo Fassone. Nasce in Piemonte alla fine dell’Ottocento il primo esemplare di razza Fassone, non a caso detta anche Piemontese, per il suo allevamento assai diffuso in ogni ambito della regione di Nord Ovest. Si tratta infatti di un bovino dalla muscolatura ipertrofica, bellissimo anche da vedere, che è caratterizzato da una grande duttilità d’impiego. Nelle sue diverse varianti è stato infatti impiegato dai contadini piemontesi tanto nei lavori nei campi, come per la produzione di latte e carne.
Il Fassone che utilizza Beppe Maffioli del Carlo Magno di Collebeato è in particolare un animale cresciuto per il suo utilizzo in cucina. Durante la sua esistenza vive infatti libero all’aperto e passa periodi di lento accrescimento, tanto in montagna, negli alpeggi in quota ricchi di fiori ed erbe spontanee, quanto in pianura, nei pascoli che circondano il Po.
«Il risultato - dice lo chef - è una carne straordinaria, che mi ha conquistato immediatamente, anche perché i tagli hanno poco scarto. La noce ad esempio: col cuore realizzo dei cubi che cuocio all’unilaterale, mentre il resto entra nella mia
tartara».
IL PROCEDIMENTO
Ingredienti per sei persone. Per la tartara: 4 g buccia di limone, 1 cl olio evo, 200 g noce di Fassona. Per la marinatura: 50 g sale fine di Mothia, 12 g zucchero semolato, 5 g zucchero di canna, 0,5 g ginepro, 0,5 g alloro, 0,5 g pepe, 0,1 g noce moscata, 2 cl olio evo, 5 g erbe aromatiche. Per le verdure in agrodolce: 20 g di rabarbaro, navone, sedano, carote, peperone, melanzana, zucchine, finocchi, pastinaca, topinambur e 40 g cavolfiore. Per il brodo: 500 g acqua, 2,5 dl vino bianco, 2,5 dl aceto di mele, 60 g sale, 100 g zucchero, 60 g prezzemolo, 4 g pepe. Infine per la salsa Tamari: 6 cl Tamari sauce, 20 g miele di melo.
Preparazione. 1) In una pentola versare l'acqua e portarla ad ebollizione, abbassare la fiamma e versare il vino bianco e l'aceto di mele. 2) Versare lo zucchero. 3) Il pepe lungo e il sale. 4) Infine unire i gambi di prezzemolo, lasciare sobbollire 2 minuti e toglierli. 5) Tagliare tutte le verdure alla mandolina. 6) In una bacinella mescolare gli ingredienti della marinatura tranne le erbette, rullare una sola volta la carne e metterla sottovuoto, conservare in frigo calcolando un giorno ogni 2 cm di spessore. Trascorso il tempo, togliere dal sottovuoto, sciacquare leggermente e asciugare con un panno. Passare il pezzo di noce nelle erbette tagliuzzate facendole aderire alla superficie, mettere di nuovo sottovuoto con poco olio, conservare in frigo due giorni prima di utilizzarla. 7) Tartarizzare la noce marinata, metterla in una bacinella di acciaio, condirla con la buccia di limone grattuggiata e poco olio di oliva. 8) Porzionarla in anelli di acciaio di diverse grandezze. 9) Portare ad ebollizione il brodo di cottura per le verdure e immergerle per un minuto. 10) Comporre il piatto.
GLI ABBINAMENTI
NOME Curtefranca Rosso Doc
CANTINA Cascina San Pietro - Calino di Cazzago San Martino
UVAGGIO Cabernet Sauvignon 20%, Cabernet Franc 52%, Merlot 28%
TENORE ALCOLICO 13 % vol.
PRESENTAZIONE E ABBINAMENTO Le uve migliori sono raccolte separatamente, diraspate e pigiate. Il mosto viene portato a fermentazione in acciaio, ad una temperatura di 28° per 10 giorni con ripetute follature. Dopo la svinatura parte del mosto passa in fusti di legno e parte resta in acciaio, per affinare quindi per un periodo di 18 mesi (65% in acciaio, 35% in barrique) prima dell’assemblaggio e dell’imbottigliamento.
NOME Curtefranca Rosso Doc «Zenighe»
CANTINA Bosio - Corte Franca
UVAGGIO 50% Cabernet Sauvignon, 40% Merlot, 10% Cabernet
TENORE ALCOLICO 14,5 % vol.
PRESENTAZIONE E ABBINAMENTO Zenighe prende il nome dalla zona di produzione situata a Corte Franca proprio nel cuore della Franciacorta. È un Curtefranca Rosso Doc che presenta colore rosso intenso, profumo deciso inizialmente di frutti rossi, seguito da ampie note di spezie e cuoio; al palato presenta un ottimo equilibrio tra alcol e acidità, elegante tannicità ed alta persistenza. Ottimo con piatti di carni rosse e selvaggina. Può invecchiare a lungo.
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