La dolcezza irresistibile (e asprigna) delle more selvatiche
D’accordo, dal fruttivendolo e al supermercato le trovate tutto l’anno: more nere, turgide, dolcissime che arrivano dalle serre spalmate tra l’Alto Adige e il Nord Africa, oppure dal generoso Sudamerica invernale. Ma le selvatiche sono un’altra cosa; e proprio in queste settimane punteggiano invitanti i cespugli in pianura, in collina e in montagna. Basta ad esempio far due passi in via del Carretto, al confine tra Brescia e Cellatica, sulla comoda strada che attraversa le vigne dalla cima della salita della Fantasina alla Badia, per scoprirne a centinaia tra i rovi in una maturazione scalare che non smetterà di regalare frutti fino a settembre.
E se quelle sapientemente coltivate sono straordinarie per dimensione e dolcezza, financo stucchevole, quelle selvatiche hanno dalla loro una nota acida finale, talvolta persino aspra, che rompe l’uniformità zuccherosa del gusto, sveglia il palato e fornisce un irresistibile stimolo a gustarne altre. Facile raccoglierle per mille preparazioni che sfruttino proprio l’ambivalenza di quel dolce/acido così caratteristico e apprezzabile.
Il parere dell'esperto. Insieme agli altri tipici frutti del bosco, le more contengono antociani e flavonoidi in genere, elementi ben noti per le loro valenze anti-ossidanti. Sono inoltre depuranti, dissetanti e blandamente diuretiche, dunque, utili alla pulizia profonda di tutti i nostri organi dalle tossine che inevitabilmente accumuliamo. Inoltre da sempre appaiono particolarmente indicate per le signore in dolce attesa, a ragione dell’alta presenza di acido folico. Sono infine ricche di vitamina A e di fibre, che aiutano complessivamente il buon funzionamento dell’intestino. Non hanno in pratica controindicazioni di sorta e l’unica avvertenza è di raccoglierle solo ben mature e di consumarle rapidamente, vista la loro alta deperibilità, senza lasciarle per giorni in frigorifero così da non lasciar disperdere tutte le qualità organolettiche e nutrizionali.
La ricetta. Inutile ricordare come le more possano essere la frutta d’elezione migliore per una marmellata o una confettura (ma occorre raccoglierne davvero tante), oppure come anche una sola manciata, lavata e raffreddata mezz’ora in frigorifero, possa rendere unico anche un semplice gelato alla crema. Molto gradevole anche un frullato alle more, magari con l’aggiunta di altri frutti di bosco come i lamponi e una infrescante montagna di ghiaccio, così come sempre d’effetto è una classica crostata, guarnita magari da una crema pasticcera.
Sfiziosi però sono anche piatti salati con le more, come ad esempio un risotto (basterà aggiungere a metà cottura d’un tradizionale risotto un po’ di more frullate e setacciate per togliere i semini) o una pasta. Un’idea originale è ad esempio fare la pasta alle more, ovvero colorare e insaporire ad esempio un formato di successo come le tagliatelle. Il procedimento è semplice: prendete le vostre more selvatiche appena raccolte, lavatele, asciugatele, frullatele e setacciatele (oppure, se l’avete, usate la centrifuga).
Al succo ricavato aggiungete le uova (almeno una ogni 100 grammi di farina) e, appunto, la farina del peso doppio dispetto alla parte liquida (ovvero se uova e succo sono 100 grammi, mettetene 200 di farina). Lavorate per bene e poi lasciate riposare l’impasto appallottolato per almeno mezz’ora avvolto in una pellicola. Quindi tirate la pasta con il mattarello o l’apposita macchina e ricavate le vostre tagliatelle. Saranno un tocco estroso in più con un ragout di selvaggina, di pecora o d’agnello o ancora un misto di carne bovina e suina. Oppure con un condimento ai formaggi saporiti, sciolti con poco burro e, al più, un cucchiaio di panna.
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