«Il cuoco è l'ultimo anello della catena del gusto»
Cucine appena rifatte, rinnovate negli ambienti e nelle attrezzature e altre che presto diverranno cantiere per una radicale ristrutturazione: sono anni di profonda riorganizzazione per i ristoranti di punta della nostra provincia. Non sfugge alla regola neppure il «Dalie e fagioli» di Manerba del Garda, l’agriturismo divenuto da 8 anni la casa di Fabio Mazzolini, il cuoco più volte premiato anche con la stella Michelin e che è con noi fin dall’avvio della nostra kermesse gastronomica.
«Ci pensavamo da tempo - racconta Fabio - e ora, finalmente, al progetto esecutivo della nuova cucina mancano soltanto gli ultimi timbri burocratici. Spero proprio che in autunno possano cominciare i lavori». Il lungo, profondo spazio rettangolare che ospita oggi la brigata del ristorante verrà infatti quasi raddoppiato e avrà un’autonomia più chiara, grazie a una grande vetrata, pure l’attuale area a vista destinata a panificazione e dessert.
«L’obiettivo - prosegue entusiasta lo chef - è di rendere innanzitutto più agevole l’impegno mio e di tutti e cinque i miei collaboratori. Già oggi abbiamo gran parte degli ingredienti a portata di mano nei cassetti e negli armadietti refrigerati d’ogni postazione, ma lo spazio che riusciremo a guadagnare ci farà lavorare con meno stress e più serenità, in una parola meglio». Ci saranno novità anche nelle attrezzature, pur se Fabio ha scelto di rimanere con i fuochi e non passare all’induzione.
«Non sento la necessità di questo cambiamento - spiega - mi trovo bene da sempre con i fornelli. Dirò di più: mi piace cucinare con il fuoco e non sono per nulla certo che cambiare mi darebbe qualcosa in più». Strategia. Durante il servizio, peraltro, lo chef sta al pass: «Da qui - aggiunge - c’è il pieno controllo di tutte le partite; posso dare i tempi delle comande e verificare ogni lavorazione, intervenendo se necessario nei passaggi finali. Ma debbo dire che non è il controllo conclusivo la parte più importante del mio lavoro. Ho infatti collaboratori straordinari, che sono con me da anni e che hanno partecipato ad ogni scelta».
Una condivisione che si aggiorna continuamente per uno specifico metodo di lavoro: «Nella mia cucina tutti devono sapere tutto e saper fare tutto - dice infatti Fabio -. Per questo ciascuno sta in una partita per non più di due settimane; poi cambia postazione e realizza in autonomia ciascun piatto. È questo interscambio a rendere continua la condivisione, tanto dei piatti storici quanto di quelli originali d’ogni stagione, oltre a facilitare le sostituzioni e gli aiuti in particolari momenti del servizio».
Ma da dove nasce un nuovo piatto? «A guidarmi - confessa lo chef - è quasi sempre la stagionalità, la disponibilità d’un prodotto, l’opportunità di un abbinamento che magari solo in quel momento è possibile. E proprio la conoscenza delle materie, mi aiuta. Attenzione, una conoscenza concreta, reale e quotidiana: per questa ragione io credo molto al rapporto con tanti piccoli produttori che vado a cercare e incontro, spesso investendo con la mia compagna il giorno di riposo. Ascoltando i produttori, vedendo come lavorano penso di poter meglio raccontare quel prodotto attraverso i miei piatti. Ed è così che cerco di dare al mio ospite un’esperienza gastronomica più ricca e più completa».
Il cuoco come ultimo anello di una filiera del gusto, il professionista chiamato a valorizzare, con la mediazione della sua cultura materiale, la fatica di tante piccole aziende. «Molti produttori - aggiunge - sono persone speciali. Talvolta un po’ scontrose, ma, quando riesco a superare la loro naturale ritrosia, scopro un pozzo di umanità e di conoscenza. Parlo di piccoli allevatori, di pescatori, di contadini e casari… Grazie a loro posso concepire e realizzare piatti nuovi, legatissimi alla stagione, che spesso stanno in carta solo due settimane nel periodo migliore di quel prodotto. Piatti che faccio innanzitutto per me, già pienamente gratificato se riescono come li ho immaginati. E a quel punto il plauso e la critica degli ospiti sono certo graditi e preziosi per il ristorante, ma non cambiano il mio giudizio. Non seguo mode e tendenze; la mia bussola è solo una: quella dei piatti che mi soddisfano».
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