C’è un Franciacorta nell’Olimpo dei vini, secondo James Suckling

È il Bagnadore Rosé 2011 di Barone Pizzini, premiato dal celebre critico americano con il punteggio più alto mai ottenuto da un Metodo Classico italiano. Ecco, tra l’altro, cosa ne pensano gli chef stellati Cerveni e Bufi
Bagnadore Rosé 2011 di Barone Pizzini
Bagnadore Rosé 2011 di Barone Pizzini
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Un rosé che deve il suo nome a un torrente che dalle colline di Marone raggiunge il lago d’Iseo. Un vino intriso di bosco, legni francesi e tanta pazienza. Un’etichetta iconica che per James Suckling rasenta la perfezione assoluta. È il Bagnadore Rosé di Barone Pizzini, premiato dal celebre critico americano di vini e sigari con un punteggio di 98 su 100, il più alto in assoluto assegnato a un Metodo Classico italiano. Un traguardo storico che vede brindare l’antica cantina di Provaglio d’Iseo.

L’annata è la prima, il 2011. Quella che il ceo di Barone Pizzini, Silvano Brescianini, definisce «la migliore vendemmia da quando è iniziata la mia avventura nel mondo del vino, ossia dal 1994». Da subito gli esperti hanno intuito le potenzialità di quel «nettare» ottenuto da solo pinot nero (della vigna Roccolo e di quella vicina, chiamata Gremoni, a Provaglio d’Iseo): «Quando abbiamo compreso la reale possibilità di fare una bottiglia straordinaria – racconta Brescianini –, qualsiasi preoccupazione sulla continuità delle annate successive è stata superata dalla ferma decisione di creare una Riserva speciale pur essendo “fuoriprogramma”».

Il ceo della Barone Pizzini, Silvano Brescianini
Il ceo della Barone Pizzini, Silvano Brescianini

Il Bagnadore Rosé è, quindi, una chicca, un’etichetta eccellente e rara: con l’annata 2011 sono state prodotte poco più di seimila bottiglie, delle quali solo quattromila saranno centellinate sul mercato poiché per averne altre sarà necessario attendere ancora: «Nessuno ce ne voglia se la prossima annata sarà solamente la 2020», fa sapere Brescianini, precisando che «ogni futura scelta sarà frutto esclusivamente di un solo criterio: l’eccezionale qualità. Prerequisito indispensabile, ma prezioso per sottolineare come la Franciacorta sia anche terra di rosé di successo».

Uno dei migliori di sempre

Un successo planetario considerata l’importanza che nel settore viene conferita ai giudizi attribuiti da James Suckling e dal suo team composto da una ventina di esperti che ogni anno recensiscono migliaia di vini attribuendo loro un punteggio che raggiunge un massimo di 100. La scala di valore vede i vini sotto l’87 non consigliati, quelli tra l’88 e l’89 «tutt’altro che eccezionali», ma comunque acquistabili, quelli tra il 90 e il 94 eccezionali («oustanding») e quelli tra il 95 e il 100 super consigliati perché ritenuti più che eccezionali («must buy»).

Come il Bagnadore Rosé 2011 nato da un’intuizione dell’imprenditore Pierjacomo Ghitti. Come ricorda Brescianini fu infatti lui a «volere una bottiglia con il nome dei Ghitti di Bagnadore e relativo logo, indicando anche la formula: pinot nero, barrique e pas dosé. Una cosa non scontata 30 anni fa. Se oggi, infatti, il pinot nero rappresenta il 15% della superficie vitata della Franciacorta, all’epoca forse non arrivava al 5%». Per Suckling questo vino è «uno dei migliori Franciacorta nella migliore annata di sempre per la denominazione. Splendido da bere ora, ma con un grande potenziale per il lungo periodo».

L’Olimpo dei vini

Nel tempo sono entrate nell’Olimpo del celebre critico americano con punteggio massimo (100) etichette del calibro del Louis Roederer Champagne Cristal 2008 e del Krug Champagne Brut 2011. Il Dom Pérignon Champagne 2010 si è piazzato a quota 98 punti. Il Ferrari Trento Giulio Ferrari 2002 a 97, che era il massimo punteggio mai raggiunto prima da un metodo classico italiano fino all’avvento del Bagnadore 2011. Ma la «Top 100 Wold» non è solo una vetrina di zone tradizionalmente vocate ai grandi vini. Si trovano infatti molte sorprese (anche se non lo sono certo per i wine lover), come ad esempio un vino cinese, che nel 2023 ha ottenuto ben 98 punti. A dimostrazione che la qualità non conosce davvero confini.

Tornando al Bagnadore da record, i passaggi salienti della produzione sono: pressatura soffice, macerazione a freddo degli acini interi, frazionamento dei mosh, fermentazione in barrique e poi sempre nei piccoli legni francesi per una maturazione di otto mesi; dopo la seconda fermentazione, ormai in bottiglia, sosta sui lieviti oltre dieci anni.

Chef Stefano Cerveni parla del Bagnadore Rosé di Barone Pizzini

Lo chef Stefano Cerveni del Due Colombe di Corte Franca, una stella Michelin, riconosce il valore di questa etichetta, l’importanza del punteggio raggiunto e le ricadute che tutto questo avrà per la Franciacorta.

L’abbinamento perfetto

Maurizio Bufi, chef del ristorante Il Fagiano
Maurizio Bufi, chef del ristorante Il Fagiano

Al collega Maurizio Bufi, chef de Il Fagiano, una stella Michelin del Grand Hotel Fasano & Villa Principe di Gardone Riviera, abbiamo chiesto di abbinare il Balladore Rosé a un piatto.

Il sommelier Nicola Filippello de Il Fagiano
Il sommelier Nicola Filippello de Il Fagiano

Consultato il sommelier del locale Nicola Filippello, la scelta è ricaduta sulla «cartellata di luccio con patate, olive e capperi». Un piatto che mescola le origini pugliesi dello chef con le eccellenze del lago: «Mi sono lasciato ispirare da un dolce della mia terra come la cartellata e ne ho ripreso la forma utilizzando pasta fresca all’uovo – racconta Bufi –. Il luccio mantecato, con le sue parti grasse e gustose, si abbina perfettamente al Bagnadore Rosé, un vino capace di stemperare i sapori forti. Completano il piatto la spuma di patate affumicate, le olive del posto, le foglie e la polvere dei capperi e il limone candito».

La cartellata di luccio con patate, olive e capperi di chef Maurizio Bufi
La cartellata di luccio con patate, olive e capperi di chef Maurizio Bufi

Per Il Fagiano e il Grand Hotel sono mesi di intenso lavoro e soddisfazioni: «La stagione sta andando benissimo. La stella Michelin (che brilla sul ristorante da novembre, ndr) ci ha fatto registrare un +30% rispetto allo scorso anno – racconta lo chef –. Buona parte della clientela proviene dall’estero: non solo Germania, abbiamo tantissimi clienti dall’America, oltre che dal Belgio e dall’Olanda. C’è inoltre interesse anche dall’Asia».

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