Più anziani, fragilità e costi: la Lombardia vara il nuovo piano sociosanitario

La spesa salirà di 700 milioni di euro da qui al 2050: la Regione reagisce varando il piano socio-sanitario
La popolazione invecchia e aumentano le spese sanitarie © www.giornaledibrescia.it
La popolazione invecchia e aumentano le spese sanitarie © www.giornaledibrescia.it
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La popolazione invecchia (dal 2020 al 2040 gli over 85 passeranno dal 3,6% all’8%), le famiglie fanno sempre meno figli (dal 2015 al 2019 c’è stata una contrazione del 3,5%), le fragilità aumentano (entro il 2050 ci saranno ulteriori 662.696 cittadini bisognosi di cure). E i costi schizzano al punto che la spesa sanitaria annua potrebbe crescere da 24,7 a 25,4 miliardi di euro da qui al 2050, che significa 700 milioni di euro in più. Se il futuro della Lombardia sarà caratterizzato da questi numeri, come potrà il sistema sociosanitario regionale dare risposte puntuali, efficaci e sostenibili ai suoi cittadini? Meglio chiederselo subito.

Con questa premessa è stato stilato il piano sociosanitario regionale 2024-2028 atteso da anni e approvato dal Consiglio di Palazzo Lombardia l’altra sera, alle 23.40, dopo 13 ore di discussione, 115 emendamenti votati, 100 ordini del giorno e il super lavoro della Commissione Sanità che in 11 sedute ha ascoltato 118 stakeholder del settore.

Punti di forza e debolezza

Il piano è stato approvato a Palazzo Lombardia dopo 13 ore di discussione © www.giornaledibrescia.it
Il piano è stato approvato a Palazzo Lombardia dopo 13 ore di discussione © www.giornaledibrescia.it

Un documento da 90 pagine passato con 43 voti a favore, 21 contrari e 6 astensioni che mette nero su bianco alcune linee guida partendo dall’analisi della situazione lombarda. Con i suoi punti di forza: il fatto che i cittadini possano decidere da chi farsi assistere, l’accesso universale ai Lea, la rete trasfusionale, il lavoro delle farmacie, la presenza di 19 Irccs. E le sue criticità: i tempi di attesa (in primis delle visite oculistiche e dermatologiche), le prestazioni non erogate per assenza del cittadino (il no-show è il 25%), l’inappropriatezza prescrittiva (per esempio delle prestazioni radiologiche), la spesa sanitaria a carico delle famiglie (6,8 miliardi nel 2020 in Lombardia), il sovraccarico delle strutture di emergenza.

La sfida

Definita la situazione e immaginati gli scenari (nel 2050 la popolazione passerà da 9.963.000 a 9.853.000, ma ci saranno 662.696 cittadini con necessità di cure, da lievi a intensive) la sfida consisterà nel «coniugare il mantenimento di elevati standard di qualità delle prestazioni con la sostenibilità del sistema». Questo con la consapevolezza che i costi aumenteranno di 700 milioni e che il gettito fiscale risentirà della riduzione del numero di persone in età lavorativa.

Quindi, cosa fare? Il piano varato da Palazzo Lombardia indica tra le azioni da mettere in campo la prevenzione primaria per ridurre il rischio di insorgenza delle malattie e favorire il benessere; la prevenzione secondaria, cioè la diagnosi precoce volta ad arrestare la progressione delle patologie; la cura, la riabilitazione e l’assistenza (da eseguirsi migliorando il processo di presa in carico e l’accessibilità alle terapie innovative, ottimizzando l’appropriatezza, riducendo le liste d’attesa e ripensando la rete dei servizi di emergenza) e lo sviluppo dei servizi sociosanitari dedicati agli anziani, alle persone con disabilità e a quelle con disturbi mentali. Strategico, in quest’ottica, sarà il potenziamento della medicina di prossimità, quella che esce dagli ospedali per rispondere alle esigenze dei cittadini direttamente sul territorio.

Emendamenti

Entrando, poi, nel dettaglio, il pacchetto dei maxi emendamenti proposti dalla Giunta Fontana introduce novità. Come lo sviluppo della rete della terapia del dolore e delle cure palliative; il potenziamento dello screening neonatale per identificare le immunodeficienze congenite severe, le malattie d’accumulo lisosomiale e le leucodistrofie; il servizio dello «psicologo delle cure primarie» che opererà nelle case della comunità su sollecitazione del medico di base o su richiesta spontanea dei pazienti. E la valorizzazione delle professioni sanitarie con l’incremento delle retribuzioni e degli standard organizzativi per rendere più attrattivi questi lavori.  

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