Il valore delle parole nelle «Pagine di Alzheimer»
«Un giorno ricevetti una telefonata da una ragazza che aveva da poco scoperto che la mamma, una donna sui cinquant’anni, aveva l’Alzheimer. Mi disse che aveva letto un articolo in cui scrivevo di malattia di Alzheimer, ma anche di morbo di Alzheimer. E sperava ci fosse una differenza: si aggrappava a quel termine, "morbo", auspicando che fosse meno grave della "malattia"». Parte da questo aneddoto la riflessione che la giornalista Anna Della Moretta fa sull’importanza delle parole.
Una riflessione messa nero su bianco nelle «Pagine di Alzheimer» (Grafo editore) che ha dato alle stampe insieme a Marco Trabucchi, direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia. Un libro presentato ieri in un partecipatissimo incontro che si è svolto nella Sala Libretti del GdB. Perché è proprio dal GdB che, grazie all’intuizione dell’allora direttore Gian Battista Lanzani, nel 1987 è nata la prima «Pagina della medicina» (seguita in origine da Camillo Facchini e poi da Anna Della Moretta).
Anticipare i tempi
La prima di tutta Italia. La prima di una lunga serie: il volume raccoglie, infatti, una selezione di articoli di Anna Della Moretta e degli esponenti del Gruppo di ricerca geriatrica e consente al lettore di intraprendere «un viaggio nella malattia lungo quarant’anni – ha osservato Nunzia Vallini, direttore del GdB, durante la presentazione in diretta streaming –. Un viaggio nella cura, nella ricerca, nella demolizione degli stereotipi». Un viaggio che inizia in tempi in cui di Alzheimer quasi non si parlava, porta a quando, nel 2023, Brescia è stata nominata città «amica delle demenze», e prosegue fino al 2033 grazie alle proiezioni di Marco Trentini, esperto di demografia e statistica sociale, secondo le quali nel Bresciano potrebbero palesarsi ulteriori 1.400 casi per ognuno dei due sessi (oggi le persone affette da demenza sarebbero quasi 23mila).
Consapevolezza
Quarant’anni, si diceva, in cui si è dato valore alle parole con la consapevolezza che «rovinano il silenzio – ha detto la giornalista –: vanno usate con cura soprattutto se si affrontano temi delicati. È importante non illudere le persone e dare voce a chi soffre. Con un lavoro di ascolto e comunicazione noi abbiamo cercato di raccontare e interpretare il cambiamento di una città che non chiude le porte e intercetta, negli sguardi, le richieste di aiuto».
La collaborazione tra GdB e Gruppo di ricerca geriatrica è stata forte e proficua: «Da parte nostra – ha raccontato il prof. Trabucchi – c’è sempre stato il generoso desiderio di essere utili. Con i nostri articoli settimanali volevamo accompagnare la sofferenza rispettando la dignità. Abbiamo sempre creduto in un’informazione senza ambiguità. E in una medicina umile, comprensiva e a servizio del bisogno». Questo lavoro ha ricevuto il plauso di Paolo Corsini, già sindaco di Brescia, che, intervenuto in Sala Libretti, ha sottolineato il valore delle parole («È possibile individuare un vocabolo diverso da "demenza"?») e la responsabilità dell’intera comunità relativamente al tema dell’invecchiamento: la solitudine delle persone deve incontrare la solidarietà comunitaria.
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