Gioco d’azzardo, il sociologo: «Trend inarrestabile e danno per i minori»
In Italia il denaro bruciato dal gioco d’azzardo quest’anno potrebbe raggiungere la cifra record di 160 miliardi. A dimostrazione di quello che Maurizio Fiasco definisce «un trend inarrestabile». Il sociologo che svolge attività di ricerca, formazione e consulenza (anche nel Bresciano) su questo fenomeno non nasconde preoccupazione.
Quante sono le persone che soffrono di dipendenza da gioco d’azzardo?
Il comportamento di massa può essere descritto per fasce concentriche. In quella più esterna, che comprende anche le altre, ci sono oltre 20 milioni di italiani che giocano saltuariamente: 5-6 Gratta & vinci l’anno, qualche puntata al lotto e poco più. Nella fascia successiva, più interna, ecco comparire 6 milioni di persone che giocano abitualmente: spendono cifre importanti, non hanno il profilo clinico che denota il disturbo, ma manifestano alterazioni del «ménage» come il cambio delle priorità: usano il denaro per giocare anziché pagare le bollette o il conto del dentista. Al centro del cerchio ci sono infine i dipendenti conclamati, un milione e mezzo di italiani. Trasversalmente a queste tre fasce troviamo oltre un milione di minorenni che hanno avuto almeno un contatto con il gioco.
Qual è la situazione dei giovani?
Il fatto che i minorenni abbiamo un contatto, anche solo saltuario, con il gioco è molto preoccupante per due ragioni. Innanzitutto perché è formalmente vietato. Poi perché nei loro confronti l’impatto è fortissimo. Parliamo, infatti, di persone che stanno completando il loro sviluppo, stanno costruendo rapporti e formando la loro idea di vita.
Giocano solo on line?
No, gioco telematico e fisico non sono in concorrenza, ma complementari. E questa dualità di approccio è evidente soprattutto nei giovani che giocano con dispositivi da remoto, ma anche nei luoghi fisici.
Perché giocano?
Mentre per l’anziano la gratificazione del gioco deriva dal caso, i giovani ritengono che il risultato sia merito loro, ossia frutto delle loro abilità. Cercano quindi la sfida, al di là dell’aspetto economico.
E le donne?
La fascia femminile è oggetto di un progressivo ampliamento. I profili di donne che giocano sono in estrema sintesi due: ci sono quelle oberate di impegni professionali e per esempio di cura che vivono una situazione ai alto stress, e ci sono quelle isolate, che generalmente fanno le casalinghe.
Lei parla di trend inarrestabile, ma c’è qualcosa che si può fare?
Bisognerebbe riportare lo Stato sulla retta via. Potrebbe essere efficace stabilire fasce orarie totalmente libere dal gioco d’azzardo, quello on line compreso. Oppure rendere le partite più lente riducendo così uno dei fattori della dipendenza, che è l’alta frequenza delle operazioni. Imporre delle interruzioni: 10 minuti di pausa, per esempio, dopo un’ora di gioco. E ridurre le porte di accesso al sistema: oggi in Italia si gioca in 60mila luoghi fisici.
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