Covid, dalle chiamate di conforto alla voglia di fare qualcosa

La foto di una mosca posata su una foglia agli occhi di un bambino ai tempi della pandemia può essere qualcosa di «bellissimo, che mi fa vibrare il cuore». L’ha raccontato Annamaria Dioni ripercorrendo sul palco del Sociale la sua esperienza di insegnante della scuola primaria in Dad. Di «sospensione irreale del tempo» e delle tantissime telefonate che arrivavano alla centrale della Polizia locale ha riferito l’agente Antonia Tufano: «Erano richieste di conforto, le persone volevano sapere da noi cosa stesse succedendo».

Tufano e Francesca Megni del Comune hanno evidenziato quanto sia stato importante fare rete: «Brescia - ha detto Megni - è ricca di persone generose. Durante la pandemia sono sorte decine di nuove realtà determinate a dare risposte ai bisogni primari della comunità».

«Noi, con i nostri 250 volontari, abbiamo fatto di tutto - ha aggiunto Elsa Boemi, già responsabile della Protezione civile del Comune -: dalla raccolta delle bombole d’ossigeno al ritiro dei rifiuti. Con un macchinario per impacchettare le insalate che ci era stato donato abbiamo confezionato i pacchi di mascherine da distribuire».

Ha tracciato un ricordo fatto di «flessibilità», «collaborazione» e «caparbietà» (queste le sue tre parole chiave) Daniele Stefanini, dipendente della ditta Agliardi dal primo all’ultimo giorno in servizio, come volontario, nel quartier generale di aiutiAMObrescia in cui confluivano, per essere poi distribuiti, i doni acquistati con la raccolta fondi. Si parla di 2.144.400 mascherine di tipo chirurgico, 416.960 Ffp2, 29.960 Ffp3, oltre a maschere da snorkelling diventate respiratori d’emergenza (su intuizione di Cristian Fracassi e Renato Favero), saturimetri e moltissimo altro: «Quando tutti eravamo isolati ho avuto la fortuna di conoscere tantissime belle persone, ciascuna con la propria esperienza».