Covid, gli infermieri: «Noi prima eroi e ora bersagli»

Righetti: «La pandemia ha solo reso visibile ciò che facciamo sempre con dedizione»
Gli infermieri sul palco del Sociale - Foto Gabriele Strada Neg © www.giornaledibrescia.it
Gli infermieri sul palco del Sociale - Foto Gabriele Strada Neg © www.giornaledibrescia.it
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«Nel giro di pochi giorni tutto è cambiato. Quell’ambiente familiare e di vociante routine si è fatto improvvisamente silenzioso, carico di un’ansia tangibile. I pazienti arrivavano uno dopo l’altro, e dietro ogni mascherina si nascondeva una storia. Si combatteva con la paura, la nostra e quella dei nostri pazienti. La gente moriva senza una mano familiare da stringere. Si cercava di colmare quell’assenza con lo sguardo, una carezza sulla spalla, una parola sussurrata con dolcezza».

A ricordarlo è Pamela Righetti: invitata dalla Loggia a riferire la propria esperienza, l’infermiera della Poliambulanza ha parlato dello «sfinimento fisico ed emotivo» vissuto dai professionisti della sanità: «Non siamo stati eroi, eravamo allora come siamo ora, infermieri. L’emergenza ha solo reso più visibile ciò che abbiamo sempre cercato di fare con dedizione e competenza. Con lo stesso senso del dovere di sempre. Eppure, oggi siamo frequentemente testimoni di episodi di violenza verbale e anche fisica contro di noi. Cos’è cambiato in questi cinque anni? Com’è possibile che, da eroi, siamo diventati bersagli?».

Dal racconto di Daniele Guelfi, medico del pronto soccorso del Civile, sono emerse la «tensione data dal timore di non riuscire a ottenere il risultato atteso per tutti i pazienti», la responsabilità e l’importanza che ha avuto, in ospedale, la capacità di organizzazione e trasformazione dei reparti. Giovanni Gozio, medico di famiglia a Rezzato e consigliere dell’Ordine dei Medici di Brescia, ha parlato di «sgomento, impreparazione iniziale: sul territorio non eravamo organizzati. Lavoravamo a mani nude. Ho avuto paura». Poi è arrivato «l’inaspettato positivo, che ha fatto sì che tutti i medici si sentissero parte di una comunità coesa, senza distinzione di ruolo».

L’infermiera Righetti ha concluso il suo intervento dedicando un pensiero a una coppia che le è rimasta nel cuore: «Chiedevano di fare di tutto per rivedere i loro nipoti. Ma Gianni e Gabriella non sono più tornati a casa. Sono stati chiusi in un sacco, nessuno ha potuto dare loro un ultimo saluto. Accanto a loro c’eravamo noi, figli e nipoti improvvisati, testimoni silenziosi di un addio che non avrebbe mai dovuto essere così».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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