«Camillo Rossi ci indicò la strada nei primi giorni bui del Covid»

«Camillo Rossi ha voluto bene al proprio mestiere: è stato un vero medico e un vero direttore sanitario, capace di affrontare i singoli problemi con grande acume e sensibilità».
A ricordarlo con stima e riconoscenza, a pochi giorni dalla scomparsa, è Marco Trivelli, l’ex direttore generale degli Spedali Civili che nel febbraio 2019 volle al proprio fianco il dottor Rossi in qualità di direttore sanitario dell’Asst. «Scelsi lui - racconta - perché in un’azienda grande come il Civile mi serviva una persona con capacità di governo che avesse avuto un’esperienza da direttore generale. E Rossi quel ruolo l’aveva ricoperto a Cremona».
Pandemia
Un anno dopo i due si trovarono ad affrontare insieme la fase d’esordio della pandemia: «Il 24 febbraio venne ricoverato al Civile il primo paziente Covid. Rossi mi disse: "La situazione è molto grave". Arrivavamo da un’esperienza di ricerca di contatti, isolamento e vaccinazione di massa per effetto dei casi di sepsi da meningococco registrati a Sarnico. Io immaginai che avremmo affrontato allo stesso modo anche il Covid. "No", mi disse lui, "è diversa, è una situazione dura". Era lunedì e Rossi mi diede quattro indicazioni che si rivelarono strategiche».
La prima: isolare una Terapia intensiva per i pazienti positivi: «"Va bene", dissi io, "facciamo un progetto" - racconta Trivelli -. "Non c’è tempo", mi rispose lui: "Dobbiamo murarla ora". Detto, fatto: grazie alla disponibilità del primario Gabriele Tomasoni, i lavori vennero eseguiti subito e mercoledì sera la Terapia intensiva aveva già un solo ingresso e una sola uscita, cosa che permise al personale di muoversi agilmente e in sicurezza». La seconda intuizione fu la chiusura della mensa: «Una scelta impopolare, che scatenò malumori, ma si rivelò corretta: come diceva Rossi "dovevamo proteggere il personale". Così, già il giovedì, il nostro servizio di ristorazione iniziò a confezionare i pasti in comode ed eleganti box».
La terza indicazione fu il blocco degli accessi in Pronto soccorso che «riuscimmo ad attuare creando, sempre il giovedì, un’area di triage esterna con il prezioso aiuto della direttrice del 118 Giovanna Peroni. La sera la pioggia entrò nelle tende. Allestimmo così, in tempo record, lo spazio dell’ex lavanderia: 16 letti che in poco tempo diventarono 90». La quarta «dritta» riguardò gli ambulatori: «La Regione - racconta Trivelli - ci aveva chiesto di tenerli aperti. Noi, su indicazione di Rossi, li chiudemmo già il martedì mantenendo ovviamente operativa tutta l’attività salva-vita, come l’Oncologia e la Dialisi. Il personale si preoccupò molto: "Come faremo, poi, a recuperare quattromila appuntamenti persi al giorno?", chiedevano in tanti».
Lungimiranza
Queste decisioni, ammette Trivelli, «ci aiutarono ad affrontare la situazione in modo tempestivo evitando tanti contagi. Rossi era una persona riflessiva, vederlo così "netto", con una visione precisa, mi portò a seguire le sue indicazioni. Con noi c’erano la dottoressa Loretta Jacquot, il prof. Francesco Castelli e l’architetto Marco Villa, oltre ad altre persone splendide e operative come l’infermiera coordinatrice Agnese Scalmati». Trivelli ricorda Rossi come un grande collega e amico. Una persona capace di vedere nel buio, intercettare i problemi e trovare, subito, le soluzioni.
Affetto da una patologia cronica, è morto il 4 aprile all’età di 63 anni. «La malattia - conclude l’ex direttore - l’aveva reso consapevole della densità umana che sta nella cura».
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