Racconti di trame

Veri, dipinti, modellati, prodotti in fabbrica: i tessuti sono rari quanto eleganti, e tanto più si comprende la loro rarità tanto più si coglie la fragilità e l'abilità degli umani che li hanno indossati e confezionati. Con il concetto di tessili, al Lucone di Polpenazze si comprendono fibre, fili, corde, intrecci, reti e anche tessuti, che sono i più più difficili in assoluto da trovare in quanto difficilmente conservabili. Restano 24 frammenti di intrecci e corde e solo 6 frammenti di tessuto.
Trovati nel 1969, durante la quinta campagna di scavo e, senza trattamenti, furono sigillati in un vetrino, idea che ha facilitato in seguito il loro studio. Dei sei tessuti quattro sono dotati di frange e uno reca chiari i segni di un rammendo (era difficile farli, certo che venivano aggiustati, proprio come stiamo imparando di nuovo a fare anche noi all'alba del post-consumismo). Sono tutti di lino, fatti con trama e ordito, cioè con un telaio che intrecciava fili rispettivamente orizzontali e verticali. Dei sei frammenti cinque, considerando il numero e il diametro dei fili, erano cinque tessuti diversi, quindi appartenenti a cinque capi d'abbigliamento differenti.
L’epoca della pelliccia
Naturalmente per ripararsi dal freddo ricorrevano alle pelli, anche perché un abitino di lino a novembre su un umido lago non aiuta molto a stare caldi. Le pelli erano fatte a foggia di giacca e pantaloni e forse anche gonna o abito. Era l'epoca della pelliccia, allora a ragione considerata ecologica, visto che non c'erano alternative se non l'assideramento.
I tessuti longobardi venivano fatti anch'essi con fibre vegetali, ma anche animali (lana). Alcuni avevano decorazioni a rilievo che assomigliavano a una sorta di broccato, anzi erano un broccato vero e proprio, a volte realizzato con fili d'oro e d'argento. I più lussuosi avevano cucite fasce decorate con placchette decorative. Dovevano essere magnifici.
La seta

A Santa Giulia, in una vetrina che non si guarda mai abbastanza a lungo, sono conservati due frammenti trovati dopo i bombardamenti del 1945 in un reliquiario posto sotto l'altare della chiesa di sant'Afra. Sono due sciamiti di seta, il primo (VIII-IX secolo), più grande, è di manifattura medio-orientale e rappresenta cinque sequenze di animali ritratti di profilo. L'altro, bizantino, è sempre uno sciamito di seta, realizzato circa due secoli dopo. È lungo e stretto, ma dal poco che si vede mostra una vividezza di colori e una complessità di lavorazione che a quell'epoca forse davvero si poteva trovare solo a Bisanzio. Lo sciamito è un tessuto di seta molto pesante, satinato e brillante, realizzato con sei fili intrecciati (sciamito viene dal greco hexamitos, cioè tessuto intrecciato di sei fili), quindi immaginate la difficoltà di realizzazione. Era magnifico già così, ma si prestava, per la sua incredibile compattezza, a essere ricamato. Questi due pezzi di tessuto possono essere semplicemente definiti capolavori, come lo sono i tessuti frangiati del Lucone.

E non sono inimitabili le pieghe bronzee della tunica della Vittoria Alata? O i tendaggi leggeri ripiegati a forma di festoni che decorano le pareti, lucide come stucco veneziano ma più antiche di un millennio e mezzo, del santuario sotto il Capitolium? E gli abiti negli affreschi di santa Maria in Solario, nel coro delle Monache, in San Salvatore, in Santa Giulia? E la semplice tunica giallo tradimento (oppure oro santità) che indossa Santa Giulia crocifissa nell'omonimo dipinto di Floriano Ferramola? Di divina essenzialità al confronto degli elaborati completi indossati dai torturatori che, malgrado l'eleganza, dimostrano la loro bestialità con le espressioni perfide e con i bastoni che brandiscono per picchiarla anche sulla croce.
Non abbiamo abiti dei Camuni, ma, nella loro lungimiranza, ci hanno lasciato telai incisi sulla roccia. E i vestiti dei pitoti-spaventapasseri che custodiscono le Mappe di Bedolina sono quelli di due anziani valligiani che accolgono in semplicità i visitatori di luoghi arcani.
Il cotone

Infine c'è il sito dove il tessuto era il motivo stesso per cui era sorto il Villaggio, ciò intorno a cui ruotava il lavoro e la vita di tutti: il cotonificio Crespi. Lì di cotone si viveva, tutto il giorno i telai funzionavano per produrre raffinate camicie che venivano esportate in tutto il mondo. Siamo di fronte a un esempio di Made in Italy ante litteram, o forse nemmeno così ante litteram quando si crede. Anche le recinzioni delle villette di Crespi erano, e sono tuttora, fatte con le barre di metallo in cui veniva imballato e spedito dall'America il cotone. Ciò che recingeva la materia prima recingeva anche le case di chi la lavorava, in un circolo virtuoso di lavoro ben fatto e di riutilizzo intelligente.
Chissà com'era vedere in azione i primi 300 telai, che furono messi in opera nel 1894 e ai quali se ne aggiunsero decine e decine, mentre la centrale idroelettrica lavorava senza sosta. Quando arrivò la Grande Guerra il cotonificio, per restare in piedi usufruì di commesse statali per produrre tessuti per gli aeroplani e nel 1919 si ingrandì ancora. Andava tutto bene, le camicie Benigno Crespi erano tornate nei guardaroba degli uomini eleganti di mezzo mondo. Poi, all'inizio dell'epoca fascista, furono introdotti pesanti dazi sulle esportazioni. Ed ecco che le camicie non si potevano più vendere fuori dall'Italia, ecco i licenziamenti. E piano piano arrivarono altri e nel 1940, dopo 135 anni, il nome di Benigno Crespi fu abbandonato e le sue camicie, il tessuto connettivo che teneva insieme una grande idea si sfilacciò e al cotone si sostituirono i cannoni.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.