Il pittore che vide spuntare una colonna e trovò la Vittoria

Dov'era finito il Capitolium della Brixia romana nell'Ottocento? Che Brescia fosse una città di origine romana si sapeva dai tempi dei Romani, poi i Barbari, il Medioevo, il Rinascimento, la Serenissima e tutta una serie di invasori e architetti, complice l'abbandono che fa crollare i templi (e anche tutto il resto), le spoliazioni che li svuotano e i riutilizzi di loro parti in altri edifici, tutto ciò insieme seppellì l’area del tempio.

Ma un bel giorno (il famoso bel giorno) arriva Luigi Basiletti, pittore bresciano, di ritorno dopo un po' di anni trascorsi a Roma, gli occhi illuminati dalla bellezza della Città Eterna. È il 1819 e lui vede un capitello con un pezzo di colonna spuntare dal suolo, unica parte visibile dell'antico Capitolium. Non che lo vedesse solo lui, giacché spuntava da terra nel giardino di una casa privata, però, a differenza di tutti gli altri, l'oggetto gli piace, anzi lo trova seducente, tanto da dedicargli tre piccole incisioni ad acquaforte. Ma, anche se i tarli veri non attaccano la pietra né le teste dei pittori, un tarlo metaforico continua a consumare la mente di Basiletti, la quale inizia a chiedersi in modo insistente cosa potrebbe esserci sotto e intorno a quell'unica colonna rimasta.
Così inizia a tastare il terreno, osservare, fare piccoli saggi di scavo, ragionare, confrontare e infine, dopo tre anni, da tutto questo pensare e immaginare e figurare e ricostruire scaturisce una mappa, o per meglio dire una «Planimetria di quella parte di Brescia antica, ove esistettero i principali pubblici edifici».

Il passo successivo, per Luigi, è seguire la planimetria e mettersi a scavare in modo sistematico. Ora, lui non è un archeologo bensì un pittore e lo dice chiaramente, però è convinto di potersi assumere la responsabilità degli scavi che vorrebbe fare intorno alla sua colonna, appellandosi «a quella pratica che acquistai in Roma per molti anni osservando con la maggior passione il disterramento di quegli edifizi che vi ho accennato...».
Rivolgendosi all'Ateneo di Brescia, dice in sostanza: ho guardato come facevano a Roma e sono convinto di poter riportare alla luce la Brescia antica che c'è qui sotto. E Brescia, come Venezia con Sforza Pallavicino, incredibilmente gli crede, e, ancora più incredibilmente, fa bene. Inizia subito una campagna pubblica di raccolta fondi (quello che oggi si chiamerebbe crowdfunding), che ha un grande successo, datasi la nota generosità dei bresciani. Così, nell'aprile dell'anno seguente, iniziano gli scavi.
Lo sforzo economico della popolazione e la stoica dedizione di Basiletti e dei suoi collaboratori vengono ripagati il 20 luglio 1826 con una scoperta sensazionale: una serie di bronzi, tra cui spicca una delle sculture più rare e meglio conservate di tutta l'antichità, la Vittoria Alata. La campagna di scavi finisce l'anno seguente. Ed ecco cosa scrive il nostro Luigi, ormai affermato archeologo oltre che pittore, il 17 agosto 1830: «Gli scavi, e il museo sono terminati... colla pubblica approvazione. Io ho consumato sette anni per formare questo pubblico stabilimento in un paese dove questi studi erano affatto ignoti ma ove però il talento è sempre pronto e generoso. Ora il colto forestiere non tralascia di vedere Brescia per ammirare la statua della Vittoria. Quante belle altre opere di antica architettura e scoltura non saranno nascoste in questo suolo ove tanti indizi sicuri si presentano a chi ha occhio giusto per riconoscerli?».
Ciò dimostra che Luigi Basiletti era davvero lo Schliemann bresciano, che a volte fidarsi dell'istinto serve, che i bresciani sono gente straordinariamente munifica e coraggiosa e che la Fortuna (in questo caso la Vittoria) aiuta gli audaci. E che se cerchi bene e ci credi davvero le cose le trovi.

Nelle dichiarazioni di Basiletti è presente un chiaro invito d'impronta turistico-culturale a visitare Brescia e i suoi tesori d'arte. Va perdonata al Basiletti l'espressione «colto forestiere», un po' spocchiosa ma tipica degli intellettuali dei suoi tempi (e purtroppo a volte anche dei nostri): d'altronde il turismo di massa era di là da venire. Il Capitolium è tornato alla luce tra una Guerra d'Indipendenza e l'altra. La seconda è quella delle sanguinose X giornate, in cui Brescia dimostrò un coraggio da leone, anzi da Leonessa.
Pensate che significato doveva rivestire per chi stava combattendo per la libertà aver trovato una Vittoria, oltretutto Alata, inviata dai padri della loro civiltà. Qualcuno di particolarmente colto e patriottico avrà pensato che era un segno e che il loro sogno di essere liberi si sarebbe realizzato. Quando non hai altro non ti resta che aggrapparti ai simboli, e la Vittoria di sicuro era il simbolo che ci voleva. E lo è ancora. Ottenerla, ritrovarla costa caro, ma lei è lì che ti aspetta. Senza scudo, indifesa ma ugualmente indomita.
La Vittoria di bronzo sta sola in una stanza e intorno a lei i compagni della sua millenaria avventura sotterranea, sistemati in un'installazione che ricorda in qualche modo delle croci, sebbene l'intento originario dell'allestimento voglia che i bronzi rappresentino cornici e riquadri.
Comunque si voglia interpretare il molto coinvolgente insieme, non esiste Vittoria in battaglia (questa Nike non è stata fatta per celebrare un successo sportivo, bensì bellico) che non rievochi croci o cornici o riquadri che ricordino i caduti. Questi bronzi, tutti insieme, riassumono il concetto stesso di battaglia e di tutto ciò che essa comporta. Scultura e cornici (o croci che dir si voglia) dialogano tra loro, senza lacrime.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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