Il lavoratore riposato e sfamato è grato

Clementina Coppini
A nessuno interessava particolarmente la sicurezza dei lavoratori di qualsivoglia genere o età anagrafica
Chateau Crespi, la cui torre svetta su tutto il Villaggio
Chateau Crespi, la cui torre svetta su tutto il Villaggio
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«Un operaio in salute produce meglio e di più» sosteneva Silvio Benigno Crespi nel 1894. Fu in quell'anno che il figlio di Cristoforo Benigno Crespi, fondatore dell'omonimo villaggio con cotonificio, scuola (elementare), chiesa, case e tutto quello che serviva incorporati, scrisse un libricino intitolato «Dei mezzi di prevenire gli infortuni e garantire la vita e la salute degli operai nell'industria del cotone in Italia». Sembra una banalità, peccato che il testo sia stato redatto esattamente un secolo prima della legge 626, riguardante la Sicurezza sul Lavoro. E gli incidenti sul lavoro anche oggi, ma proprio oggi inteso come in questo momento, sono un argomento da libro di storia e anche di cronaca.

L’uomo non si ripara

Un Camuno, mentre saliva sul monte per incidere la roccia, poteva scivolare nel dirupo, un palafitticolo tirarsi addosso una quercia nell'atto di abbatterla per ricavarne un palo. Innumerevoli sono le vittime della costruzione dei templi innalzati per celebrare la grandezza di Roma e delle sue divinità, così come quelle dell'edificazione di chiese e abbazie per la gloria del Signore e anche quelle per edificare mura difensive che mostrassero al mondo la potenza della Serenissima. In realtà a nessuno interessava particolarmente la sicurezza dei lavoratori di qualsivoglia genere o età anagrafica. Se avevano un incidente venivano buttati come un utensile rotto e sostituiti. Paradossalmente era più facile fosse riparato un oggetto di una persona. Ciò accadeva anche a fine Ottocento, quando l'operaio era quello che faceva funzionare il macchinario e se il macchinario gli staccava un arto il vero problema era ripulire il sangue e bloccare la produzione per sistemare il disastro e allontanare il prima possibile il lavoratore ormai inutilizzabile. E se aveva moglie meglio che lavorasse anche lei. I figli piccoli meglio fossero tanti e crescessero in fretta così potevano andare a lavorare anche loro, senza necessità alcuna di istruzione.

Dei lavoratori impegnati in una fonderia
Dei lavoratori impegnati in una fonderia

Cosa cambia nel villaggio operaio

Silvio Crespi invece assume un medico che curi tutti i lavoratori e le rispettive famiglie, neonati, bambini e anziani inclusi. In più fa costruire un piccolo ospedale all'ingresso della fabbrica e lo dota di attrezzature come il costosissimo macchinario per fare le radiografie, che a quei tempi era una novità. Nel suo breve manuale elenca metodi di prevenzione, regole igienico-sanitarie, enumera una serie di buone pratiche per evitare gli infortuni e studia accorgimenti da applicare alle macchine per la produzione dei tessuti di cotone al fine di renderle meno pericolose. A Crespi facevano camicie di classe, con materiale di prima qualità. Tutti indossiamo camicie di cotone, ma quante volte ci chiediamo chi le fa? Se è un bambino dall'altra parte del mondo, o una donna o un uomo, che lavorano più di dodici ore al al giorno? Ci facciamo queste domande, sia che acquistiamo un capo griffato o uno a basso costo? Non guardiamo, non ci interessa chi l'ha prodotto, quale età abbia e in quali condizioni lavori. Ci interessa il prezzo, meglio se basso.

Se trasferiamo le nostre riflessioni al Villaggio Crespi e le retrodatiamo di oltre un secolo allora comprendiamo il pensiero di Silvio Crespi, attento alle esigenze della manovalanza. Un fondo di paternalismo si percepisce, ma non è corretto sorridere di un imprenditore che si prendeva cura dei suoi dipendenti.

Li reclutava tra i morti di fame, insegnava loro il mestiere e garantiva loro sicurezze e weekend liberi in cambio di dedizione e devozione. Forniva loro un contratto, dava loro, per un affitto calmierato, una casa ampia per gli standard dell'epoca (e anche per i nostri) in cui potevano vivere madre, padre, figli, nonni, zii. Era richiesta serietà nel lavoro e fedeltà e in cambio si ottenevano un serie di benefit impensabili per l'epoca: una scuola per i figli, una chiesa, un dopolavoro e soprattutto cure mediche gratuite. Dopolavoro, chiesa e scuola sono uno di fianco all'altro e sono tutti rivolti verso Villa Crespi, o per meglio dire Chateau Crespi, la cui torre svetta su tutto il Villaggio. Un mondo piccolo e chiuso, che ti forniva certezze in cambio di lavoro e di una parte della tua libertà personale. C'era il Villaggio e c'erano le campagne circostanti, dove si moriva letteralmente di stenti e malattie e il dottore, così come le cure e le medicine, erano un lusso.

I Crespi tengono ai propri lavoratori, manodopera preziosa e specializzata ma anche esseri umani. Aboliscono i turni notturni per ragazzi e ragazze di meno di quindici anni, forniscono case decenti e sane agli operai e fanno studiare i bambini almeno fino alla quinta elementare. Silvio conclude il suo testo con alcune riflessioni sui doveri dell'imprenditore, su quello che lui stesso definisce «intelletto d'amore», che comporta la volontà di trattare bene i propri dipendenti, i quali, essendo destinati a lavorare per tutta la vita allo stesso macchinario, rischiano l'alienazione.

Certo, non siamo di fronte a un libello rivoluzionario, ma Silvio Crespi era arrivato a concetti di tutela del lavoratore allora impensabili. Le sue osservazioni sembrerebbero datate e quasi ingenue se non fosse cosa nota e risaputa che lo sfruttamento del lavoro minorile conosce ancora grande floridezza, che le più banali norme di sicurezza sul lavoro vengono attualmente in molti casi disattese. E che, mentre osiamo sorridere del paternalismo di un uomo di un secolo e mezzo fa, facciamo finta di non trovarci in mezzo all'oceano su piccole zattere circondate da squali e da pirati pronti a sfruttare i disperati. E che non è finito con la Serenissima il diritto di uno Stato di confiscare e piallare una proprietà che si trovi in mezzo al cantiere di un'opera considerata strategica.

Sia al Villaggio Crespi che nel cantiere delle Mura Veneziane non si lavorava nel weekend e nelle feste comandate. Un diritto al riposo che in molti casi oggi è andato perso, nelle attività commerciali aperte H24 e nelle catene di produzione che non si fermano mai. Lì ci si fermava, perché il lavoratore riposato e sfamato (e pagato) lavora meglio ed è pure grato.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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