Un viaggio a Montichiari alla scoperta di Girolamo Romani

A Montichiari sono conservate tre opere molto diverse dell'artista bresciano vissuto cinque secoli fa
Pieve di San Pancrazio a Montichiari - © www.giornaledibrescia.it
Pieve di San Pancrazio a Montichiari - © www.giornaledibrescia.it
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Abbiamo vagato per Montichiari sulle tracce di Girolamo Romani detto il Romanino e inciampato in tre opere molto diverse, conservate in luoghi diversi, che offrono spunti diversi: pellegrinaggio, avventura, illuminazione. Eccolo qui, Romanino, il quale, a differenza di un Raffaello che crea opere perfette e rappresenta l’aulico apollineo, incarna il dionisiaco.

Palazzo Mazzucchelli

Nelle sue opere c’è una concitazione che scuote con sensazioni nuove e movimentate, come in una danza di putti. Ed è proprio questo, un gruppo di amorini danzanti, che vediamo a Palazzo Mazzucchelli di Montichiari, in un corridoio che tende al sottoscala. È diventato così dopo le modifiche apportate nel tempo alla stanza originale per cui era stato realizzato questo Ciclo dell’Autunno, ritrovato nel 1997 e in seguito restaurato. Cercarlo e ammirarlo è come un pellegrinaggio, e non solo perché si trova in un istituto religioso. Si tratta di una greca, una decorazione con ghirlande, nastri e paffuti bambini che danzano giocondi. È così che un pellegrinaggio dovrebbe essere: gioioso.

Pieve di San Pancrazio

Dietro alla (non eccelsa) tomba dell’abate Francesco Fracassino è stato trovato un lacerto di affresco del nostro Gerolamo. È molto rovinato: in origine doveva trattarsi di un San Pancrazio su un imponente cavallo bianco, ora resta solo un pezzo di cavallo. Ma che signor cavallo! Stessa storia di prima: siccome Romanino era fuori dagli schemi avevano deciso di santificare l’abate e distruggere l’affresco.

Chiesa di Santa Maria Assunta

Anche l’Ultima Cena ha avuto le sue belle vicissitudini. Era stata dipinta per la confraternita del SS. Sacramento e stava nella chiesa di Santa Maria Nuova, dove si trovava in posizione top. Trasferita in Duomo, viene sistemata in uno spazio angusto dentro una cornice che la mortifica. Poi, nel 2006, per una caduta accidentale si crea una ferita nel costato di Cristo, come un segno del cielo a richiamare l’attenzione su questo dipinto, che è uno dei capolavori assoluti del Rinascimento del nord.

Particolare dell'Ultima Cena di Girolamo Romanino custodita nel Duomo di Montichiari - © www.giornaledibrescia.it
Particolare dell'Ultima Cena di Girolamo Romanino custodita nel Duomo di Montichiari - © www.giornaledibrescia.it

È letteralmente un’illuminazione. Per la luce, per la finestra blu di cielo che si apre sul fondo e che fa intuire l’infinito, per la natura morta che c’è sul tavolo: pane, vino, piatti e persino la saliera rovesciata (anche allora versare il sale era considerato di cattivo auspicio). La tovaglia di lino è indimenticabile, come i tovaglioli che, secondo il galateo dell’epoca, alcuni apostoli tengono sulla spalla. E poi i colori, e Gesù e Giuda e tutta la scena che ha un che di concitazione e di attesa.

Alla fine questo Romanino non l’abbiamo perduto, ma ritrovato. Partite anche voi alla ricerca di questo giovane straordinario artista di cinque secoli fa: ha un grande futuro davanti a sé.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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