Un luogo sacro che insegna ad ammirare ciò che si guarda

Clementina Coppini
Il Duomo di Salò ha un grande fascino come le opere che accoglie, in particolare la pala del Romanino
Madonna in trono con Bambino e santi
Madonna in trono con Bambino e santi
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Il Duomo di Salò è una giornata di sole in una giornata di sole. Iniziato nel 1453 dall’architetto Filippo delle Vacche, è sospeso tra Gotico e Rinascimento. La sua facciata incompleta, con quel suo stile shabby chic, sembra quasi sia stata lasciata così apposta, sia per far risaltare il portale rinascimentale rifinito nel minimo dettaglio sia per aumentare lo stupore nel vedere l’interno. Effetto scenografico forse non voluto, ma riuscito alla perfezione.

Non siamo certo davanti alla chiesa di una città di diecimila abitanti, bensì in una grande basilica della Serenissima. Un tempo con un lato affacciato al ricco porto commerciale della Serenissima e ora al Magnifico Lungolago della Magnifica Patria.

All’ingresso c’è un QR code. Basta inquadrarlo e vengono fuori le informazioni (accessibili anche scaricando la app Parrocchie di Salò). Di fianco c’è scritto: Per ammirare quello che guardi. L’idea (brillante) aiuta a comprendere la grandezza del monumento e di ogni opera in esso contenuta. Le descrizioni schiudono ogni segreto, addestrano la mente dell’osservatore. Basta leggere ciò che raccontano i vari esperti, osservare e aprire il la mente.

Le opere

Poi all’interno della galleria d’arte che è questa cattedrale, ogni sensibilità può trovare gli spunti che più le si addicono. Vuoi nella soave visione dell’Immacolata o nel delicato presepe di Andrea Celesti. O nel cupo Abramo e Isacco di Palma il Giovane sull’anta dell’organo degli Antegnati. Oppure nell’ancona (grande pala in legno dorato sull’altare) con la Madonna in Trono sovrastata da Cristo Risorto e circondata da santi. O nel crocifisso di Giovanni Teutonico, nella volta della Cappella del Santissimo Sacramento, con una prospettiva sorprendente sostenuta da colonne che sono dipinte ma arrivano al Cielo.

E poi c’è il tocco di Romanino, la pala con Madonna in trono con Bambino e santi. Il trono di Maria, con dietro i campi, è fatto di travi sbozzate e ha come base una pedana di assi inchiodate. Il tutto è tenuto insieme da pezzi di tronco tagliati e sistemati a creare una solida sedia. Di fianco a questo umile sedile stanno San Bonaventura e San Sebastiano, legato a un albero e trafitto da frecce di legno.

Qui, in questo trono per niente regale, posto in mezzo alla campagna, puoi trovare la semplicità e insieme l’immensità. Qui puoi intravedere il vero senso del Divino, che non ha bisogno di sfarzo per arrivare al cuore, fare tuo un archetipo fatto di persone con cui puoi identificarti senza sforzo. Perché sono come te, e anche se sai che non sono come te le puoi sentire vicine, perché quella sedia su cui sta Maria potevi costruirla anche tu (anche se certo non dipingerla con tale maestria). Questo è solo l’inizio, ed è poco. In alcuni luoghi è necessario tornare. Per imparare ad ammirare ciò che si guarda. Per capire cos’è una giornata di sole in una giornata di sole.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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