Un gigante rimane grande anche quando è nella tomba

La cappella che nel cuore di Bergamo Alta ospita i resti mortali di Bartolomeo Colleoni, è un inno alla perfezione rinascimentale
La Cappella dov’è sepolto Bartolomeo Colleoni
La Cappella dov’è sepolto Bartolomeo Colleoni
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Anche questa rubrica vuole partecipare con un apporto specifico all’anno di Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura 2023, e lo fa attraversando l’Oglio per «spedire» ai lettori bresciani qualche cartolina anche dalla cugina terra orobica. La Cappella Colleoni è un luogo unico voluto da un uomo unico e realizzato da artisti unici a perenne memoria dell'Unicità, intesa nel senso di ciò che è straordinario e irripetibile.

Bartolomeo era così e per questo decise di piazzare nel pieno centro di Bergamo, la sua città, un mausoleo che contenesse le sue spoglie mortali e celebrasse la sua grandezza. Non gli importava più di tanto se per farlo doveva sacrificare la preesistente sacrestia del Duomo e la sacrificò. Forse, in un periodo storico diverso, la megalomania del Colleoni avrebbe prodotto una bruttura architettonica, ma lui ebbe in sorte di attraversare questo mondo nel Rinascimento.

Il risultato è un edificio che, sia nell'insieme che nella variegata molteplicità dei dettagli, può essere descritto con centinaia di migliaia di parole o in alternativa una sola: perfetto. I capolavori sono fatti così: si prestano a essere osservati sia millimetro per millimetro che in blocco e in entrambi i casi imprimono nella mente una sensazione di stupore e beatitudine. Questo voleva Bartolomeo e questo ha ottenuto: che chiunque si trovi di fronte alla sua tomba sgrani gli occhi e pensi a lui.

I resti

Siamo di fronte al suo trionfo, alla sua estrema e più grande vittoria. È uno spettacolo teatrale in cui la piazza funge da platea, la facciata dell'edificio da quinta e dietro le quinte, celata all'interno, la grande sorpresa: un imponente monumento funebre che consta di due arche sovrapposte sormontate da un arco bianco e rosso, al cui interno spicca, tutta d'oro, la lignea scultura del Colleoni a cavallo. Lo sfondo turchese definisce il piccolo immenso Empireo in cui Bartolomeo Magno riposa.

Per secoli questo fu ritenuto un cenotafio e si cercarono ovunque i resti del defunto, i quali invece sono sempre stati qui, nascosti sotto un doppio fondo del sarcofago maggiore. Furono trovati nel 1969, l'anno in cui l'uomo andò sulla luna. Bartolomeo era morto da quasi mezzo millennio. Egli riposò solo finché, nel 1842, fu trasferito vicino al suo sepolcro quello di Medea, figlia illegittima e prediletta, morta a soli 14 anni.

Alzi lo sguardo ed ecco le lunette del Tiepolo, settecentesche come gli intarsi dei banchi lignei di Giovan Battista Caniana. Stupisce tutto, qua dentro, anche scoprire che il completamento di questo gioiello si debba a un ragazzo di 23 anni, Giovanni Antonio Amadeo, l’apprendista della bottega Solari, prima ditta appaltatrice dell'opera. Amadeo lavorerà alla Certosa di Pavia e al Duomo di Milano, ma la sua opera somma è lo sfolgorante sacello di un uomo geniale e bizzarro che vedeva il talento e vedeva il futuro. E li vede ancora, dal doppio fondo del suo avello e dall'alto del suo cielo. «Un uomo piccolo è piccolo anche nel dolore, un gigante è grande anche nella tomba». (Michail Lomonosov).

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