Speriamo che stavolta sia un anno del piffero

Clementina Coppini
Tra ansie e speranze per il 2024 un invito a non arrendersi e a trovare le note giuste per il futuro ispirandosi all’opera del Savoldo
«Giovane flautista» opera del Savoldo alla Tosio Martinengo (particolare)
«Giovane flautista» opera del Savoldo alla Tosio Martinengo (particolare)
AA

In questi tempi difficili da interpretare e complicati da vivere a molti di noi, mentre tiriamo le somme dell’anno che finisce, capita di sentire un desiderio urgente di empatia e leggerezza.

Ci si sente sciocchi e inopportuni al solo pensare di volersi rilassare e staccare la spina, ma se per una volta uno prova a non sentirsi addosso il peso del mondo deve considerarsi superficiale? È umano avvertire il bisogno di sorridere, di non concentrarsi su nulla, di provare la legittima necessità di distrarsi.

Il senso del dovere tanto è sempre in agguato, insieme a suo fratello maggiore, il senso di colpa.

Fortunati coloro che si sentono in pace, che hanno agito sempre per il meglio, che chiudono dicembre sentendosi a posto. Per tutti gli altri, le anime agitate e sconfortate e spaventate di fronte a un domani che si fatica a capire, restano la volontà (buona) e la speranza.

Chissà perché a chi scrive, nei giorni di passaggio verso l’anno nuovo, da anni si stampa in mente un quadro. Sempre lo stesso. In realtà sa benissimo perché pensa a quello specifico dipinto, ma si compatisce per tale puerile associazione mentale. Così, quando l’opera ineluttabilmente si materializza nella sua mente, cerca di cacciarla. Ma lei torna ogni volta. Si tratta di una tela di Giovanni Gerolamo Savoldo che ritrae un giovane flautista, esposta alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia.

Datata 1525, finita secoli fa nel Regno Unito nella collezione di un lord e tornata a casa, dopo una serie di traversie, trent’anni fa, quasi trentuno.

C’è un ragazzo timido, con gli occhi messi in ombra dal cappello, che osserva lo spettatore. Ha per un attimo smesso di suonare, quasi si trovasse in un momento di stasi e riflessione. Il suo sguardo è tra il malinconico e il preoccupato. Da una parte nutre ansia per come andrà il resto della performance (per il futuro), dall’altra appare chiara la sua intenzione di continuare a suonare, di non arrendersi. È aggraziato e pieno di virtù, ma non ancora sicuro di sé.

Eppure si appresta a trovare le note giuste, ad andare avanti e fare il meglio che può. Si capisce che a breve riprenderà l’esibizione. Le sue mani, a differenza degli occhi, sono illuminate. Lui rappresenta la giovinezza, il talento, l’aspirazione a fare cose belle, a continuare a suonare la propria musica. È la metafora del momento di passaggio, di quell’attimo in cui ci si ferma per poi ricominciare, a dispetto di tutto. Ora più che mai incarna tale concetto, visto che il 2025 è l’anno in cui il giovanotto compirà mezzo millennio.

Qual è la frase che chi scrive ha sempre collegato a questo ritratto? «Speriamo che anche stavolta non sia un anno del piffero». Segue risata goliardica. In realtà dovremmo augurarci che per noi tutti gli anni siano del piffero come quello in cui Savoldo con le sue mani luminose creò questa meraviglia. Magari fosse così.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@Buongiorno Brescia

La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.