Simonino e i suoi carnefici: nell’affresco ci sono solo vittime

Clementina Coppini
La vicenda quattrocentesca del bambino ucciso a Trento, i cicli pittorici in Valcamonica, l’antisemitismo che attraversa i secoli
Il «Martirio di Simonino» a Cerveno
Il «Martirio di Simonino» a Cerveno
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Simonino da Trento, bambino di due anni e mezzo, viene rapito il giovedì santo del 1475 e ritrovato morto a Pasqua nel quartiere ebraico. Ne nascono sevizie, un finto processo e la condanna a morte di quindici ebrei, incolpevoli. Le povere spoglie dell’infante vengono esposte sull’altare di una chiesa e Simonino, a cui vengono attribuiti miracoli, diventa beato e (ufficiosamente) santo. Così un agghiacciante fatto di cronaca porta all’esecuzione sommaria di persone appartenenti a una minoranza già discriminata, che per decreto doveva indossare una rondella gialla sugli abiti. Sì, nel Quattrocento.

La storia e l’immagine di Simonino entrano nelle chiese. A volte c’è lui, solo o con santi vari, mentre altre rappresentazioni indugiano in dettagli horror. In particolare tre esempi camuni, opere legate alla Scuola di Pietro da Cemmo, sono fatti per suscitare orrore e indignazione.

Le tre opere

Il macabro episodio è descritto in un ciclo presente a Malegno all’esterno della chiesa di Sant’Andrea: si tratta di quattro affreschi che ritraggono l’adescamento del bambino da parte del Dottor Tobia (agli ebrei era vietato uscire durante la settimana santa, medici esclusi), il rapimento (sullo sfondo il banco dei pegni, attività svolta dagli ebrei), l’infanticidio e l’esposizione in sinagoga del cadavere a fine denigratorio.

Nell’Oratorio dei Disciplini a Cerveno e nella chiesa di Santa Maria della Rotonda a Pian Camuno l’assassinio è illustrato con crudezza. Quel bambino che pare crocefisso ha intorno creature con il berretto a punta e il naso adunco, le quali lo torturano con malato compiacimento e raccolgono il suo sangue in un catino. Peccato che il racconto fosse del tutto inventato. Era vero solo il delitto, i cui colpevoli rimasero impuniti.

L’odio e il pregiudizio

Ecco servito l’odio contro chi non prega, non vive, non ragiona come te. Gli esecutori di tali pitture erano artisti che, con tutta probabilità senza volerlo, si prestarono alla propaganda, dipingendo gli ebrei come si voleva fossero visti nell’immaginario collettivo, con tratti aguzzi, espressione cattiva e la borsa dei soldi (e i cerchi gialli simbolo dell’emarginazione).

Descrissero qualcosa che ha un nome specifico: pregiudizio. Il pregiudizio è una strada facile. Basta non riflettere, come spiega la parola stessa, che significa farsi un’opinione (ingiusta) prima di aver pensato. E che ci vuole a cucire sulla pelle delle persone cerchi, stelle o altro? Un attimo. La vicenda del Beato Simonino fu chiarita solo nel 1965, quando la Chiesa ne soppresse il culto, mentre l’abitudine di giudicare a caso e di massacrare gli innocenti permane.

Allora come oggi è utile esercitarsi a non dimenticare i morti scomodi. Chiunque essi siano. Se non sapete da dove cominciare, iniziate col ricordarvi che quando guardate gli affreschi con Simonino e i suoi carnefici state vedendo solo vittime.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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