Quel vuoto interiore che nessuna luce può rischiarare
Compie cento anni il Monumento ai Caduti che si trova a Lonato, in piazza Martiri della Libertà (appunto). Ci sono una donna in piedi, la Patria, e a terra un soldato morente che conficca una daga nella terra dei suoi Padri, che ha difeso diventando un eroe (chissà, magari avrebbe preferito tornare a casa e tenere tra le braccia un bambino suo).
La scultura
La scultura non esalta un sacrificio glorioso, parla di un insanabile dolore. Questo giovane, con la faccia rivolta a terra nascosta dall’elmo, con il torso nudo che denuncia la sua età e senza una divisa identificabile, dobbiamo sempre averlo davanti agli occhi come qualcuno a cui è stato negato il futuro.
Il complesso scultoreo assomiglia a una Pietà, con la figura femminile diritta e il giovane uomo riverso ai suoi piedi. La donna con la mano destra sollevata sostiene una fiamma (assomiglia a un lumino: come può splendere di fronte a tanto male?) e con la destra indica la vittima, metafora di chi per lei ha dato la vita. Con sguardo fiero e perso fissa l’orizzonte (non è la vera Mamma di quel giovane, ma la Madrepatria e, a causa del suo ruolo, non ha nemmeno il diritto di commuoversi), avvolta in una tunica, la testa coperta da un velo funebre. A guardia della scena due tristi cipressi.
Il soldato senza volto è la metafora dei 184 morti in guerra di Lonato, anzi di tutti quanti. Alla base una targa: «Per la gloria dei morti, all’esempio dei vivi. Honos et virtus, MCMXV =+=MCMXVIII» (Onore e virtù, 1915-1943). La storia non conta tanto, in questo caso. Conta solo lui, il ventenne che mai si alzerà dalla terra intrisa del suo sangue.
Gli artisti
Ugo da Como volle quest’opera (non senza polemiche) e nel 1921 contattò Luigi Contratti, lo stesso autore del monumento bresciano a Niccolò Tartaglia (sopravvissuto da bambino al Sacco di Brescia avendo riportato gravissime ferite infertegli dai Francesi in Duomo Vecchio). L’artista morì prima di riuscire a ultimare il monumento, il quale, concluso da un suo allievo, fu inaugurato il 19 ottobre 1924 (un nuovo periodo oscuro era già iniziato).
Sul retro sono incisi sulla pietra i nomi dei caduti (’15-’18, ’40-’45, morti per la liberazione e dispersi). Celebriamo tutti questi cadaveri senza pensare che erano ragazzini. Giusto, ma ricordiamoli anche con rispetto e tenerezza e pianto. Luigi Contratti, mentre ideava l’opera, aveva bene in mente il volto del soldato: era quello di suo figlio morto in guerra. Ecco perché quel fante è intriso di dolore, perché è stato modellato da un padre che aveva perso la cosa più preziosa che la vita possa donare.
Un ragazzo morto non è un ragazzo morto e basta, è tuo figlio, anche se di figli non ne hai. Un figlio non dovrebbe mai, da vittima, essere fuso nel bronzo, nel buio oltre i cipressi. E, anche se la piazza è piena di sole e i cipressi sono magnifici, il buio resta. Nessuna fiaccola può rischiararlo.
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