Presunti pastori e veri mercanti: a lezione di Natale in San Faustino

Ciò che pretendiamo di essere e ciò che invece siamo è ben rappresentato da due opere nella chiesa dei Santi Patroni della città a Brescia
La Natività di Lattanzio Gambara (particolare) - © www.giornaledibrescia.it
La Natività di Lattanzio Gambara (particolare) - © www.giornaledibrescia.it
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Ciò che desideriamo, o speriamo, o abbiamo. Ciò che amiamo. Non è poi così complicato identificarlo. Basterebbe concentrarsi sull’essenziale, cosa che non facciamo durante le feste, sedicente periodo magico in cui i sogni si avverano per chi può permetterselo e la gioia è più artefatta del solito. Quando vogliamo maldestramente convincerci che esista un’equivalenza tra melenso e profondo, tra regalo e sentimento. Quando c’illudiamo (o recitiamo confidando nella connivenza dei nostri simili) di fare preparativi per celebrare affetto, semplicità e solidarietà mentre in realtà stiamo mettendo in scena tutt’altro. Compriamo cose per comprare approvazione per comprare il Paradiso.

Ciò che pretendiamo di essere e ciò che invece siamo è ben rappresentato da due opere nella chiesa dei Santi Faustino e Giovita a Brescia. Da una parte, nel secondo altare destro, è messo su tela ciò che vorremmo far credere, agli altri e persino a noi stessi, essere il nostro spirito guida nel percorso dell’Avvento: la Natività di Lattanzio Gambara, Presepe con il Bambinello di scorcio, Maria nel centro, Giuseppe defilato e intorno una piccola folla commossa e festante. È una cinquecentesca metafora del pranzo di Natale, in cui il neonato rappresenta la meraviglia e la speranza, la chiave di volta è la Mater Familias e intorno ci sono tutti gli invitati, più o meno eleganti ma molto partecipi.

Non stiamo forse facendo tutto in vista di tale evento, che custodisce in sé indubbia sacralità? Non siamo noi stessi una promanazione della Natività? In teoria sì, ma molto in teoria. In pratica ci descrive in modo assai più realistico un dipinto monocromo eseguito con la tecnica a encausto (colori mescolati a cera d’api tenuti liquidi dal calore) presente nella bussola laterale del medesimo edificio. Tale ottocentesca lunetta, di Giuseppe Teosa, racconta bene di noi. Anche qui è presente Gesù, ma lo vediamo mentre, brandendo un frustino, scaccia i mercanti dal tempio. Cosa c’è di più rappresentativo delle Feste in arrivo che tale immagine

E, a ben vedere, non sono solo i venditori quelli da fustigare, perché se fanno commerci nella più inopportuna delle location in primis qualcuno lo ha loro consentito e in secondo luogo hanno acquirenti che non si fanno problemi ad accaparrarsi chincaglieria e a discutere sul prezzo come, quando e dove non si deve fare. Tutti complici, insomma, meno uno, che peraltro è il padrone di casa. Ci simuliamo (senza nemmeno troppa convinzione) umili pastori in adorazione e invece siamo (convinti e aggressivi) negozianti o clienti o entrambe le cose. Come i due quadri convivono nello stesso luogo, entrambi gli aspetti convivono in noi. Ci sarebbe da riflettere, magari in una pausa dello shopping. «Cristo ha scacciato i mercanti dal Tempio. Se fosse qui oggi, non farebbe che scacciare mercanti» (Natalia Ginzburg).

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