Prendere sulle spalle la responsabilità di ogni milite ignoto

Una delle sculture più significative è a Salò, di fianco al Comune. Rappresenta due fanti intabarrati che, con fatica, trasportano un compagno esangue, spartendosene il peso
Il monumento dei Caduti, opera di Angelo Zanelli inaugurata nel 1930
Il monumento dei Caduti, opera di Angelo Zanelli inaugurata nel 1930
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Capita a tutti, camminando, d’incrociare statue in bronzo, marmo o pietra, dedicate a soldati morti o dispersi in guerra, di qualsiasi parte o idea. La Signora con la Falce non ha pregiudizi. Appaiono nome e cognome o viceversa (con a volte l’aggiunta del nome del padre per agevolare il riconoscimento) e l’età.

Ecco servito un esercito, anzi due, di ventenni, due generazioni perdute. Tali opere servono per onorare giovani massacrati e per ricordare che cose così non dovrebbero accadere. Non più di due volte in uno stesso cinquantennio, perlomeno.

Una delle sculture più significative è a Salò, di fianco al Comune. Inaugurata nel 1930, è opera di Angelo Zanelli, che lavorò a Roma per l’Altare della Patria. Rappresenta due fanti intabarrati che, con fatica, trasportano un compagno esangue, spartendosene il peso.

Nel 1941, quando si fondevano i monumenti in bronzo perché serviva metallo, si decise di salvare questo per la sua bellezza e il suo significato. Ci erano arrivati anche allora, in tempi più che sospetti. Condividere il dolore, prendere sulle proprie spalle la responsabilità della morte, la tragedia della guerra.

Argomenti forti, fusi nel bronzo, sospesi da terra da una base marmorea con i nomi degli eroi, cioè i trapassati. Forse i due che vediamo in piedi sono stati ammazzati in battaglia il giorno dopo. O forse uno è tornato, si è rifatto una vita e a due decenni dall’incubo ne ha visto uno ancora peggiore.

Quel fante riverso sulle spalle di due poveri ragazzi persi in un cappotto troppo largo, infreddoliti, pesa su tutti i nostri cuori. Non possiamo mettere corone in loro onore e non condividere il fardello che grava sulle loro anime stanche.

Questa statua in questa città con questo soggetto deve spingerci a riflettere su chi è morto perché noi potessimo avere il lusso di ignorare i monumenti ai caduti (pensate alla quantità di morti rappresentati da questa specifica statua, su cui compare la scritta: «Salò ai suoi figli morti per la patria»). Ma non ci sono solo i soldati finiti in posizione orizzontale. Molti sono quelli tornati e, conciati male com’erano, hanno dovuto ricostruire un Paese a terra.

Avevano anche loro poco più di vent’anni. Non sono eroi anche loro? Da 80 anni, anzi da quasi 110, preferiamo che la gloria e l’onere restino qualcosa di lontano, collocati su statue di bronzo sopra are votive.

Se non prendiamo sulle spalle il peso dei caduti e non condividiamo la fatica dei sopravvissuti questi monumenti non servono a niente, restano un tributo a un’infinita (e molto parziale) lista di militi ignoti a noi e alla storia, ma non a chi li amava. Guardate i gruppi statuari, leggete i nomi. Chiunque di loro poteva essere un vostro nipote, un figlio, un amico. potevate essere voi. Anzi, potrebbe essere vostro figlio, potreste essere voi. Alzate gli occhi, ma prima fate una bella cosa: apriteli.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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