Per un Ferragosto in direzione ostinata e contraria
C’è un piccolo mondo che va dalla parte opposta delle code verso le località turistiche, dei locali affollati, del divertimento e del cuor (per forza) contento. Non si tratta di voler fare gli infelici di professione, bensì di interpretare le tradizionali vacanze, anzi per essere filologici ferie, agostane in modo più intimo, anche nell’abbigliamento.
Ne abbiamo avuto conferma nel ricevere gli illuminanti versi in dialetto bresciano inviatici dal poeta Franco Visconti, che ringraziamo. Che qualcuno, in una domenica torrida, pensi di donarti una poesia è confortante. L’argomento è il Ferragosto di chi fa scelte diverse dagli altri. Una forma di snobismo? Forse, ma anche no.
In molti casi la decisione di rimanere a casa è dettata da motivi non sempre elegiaci: la bolletta, nel senso di essere al verde e non avere un soldo da investire in un viaggio pur breve (né per pagare le omonime bollette), l’oclofobia, letteralmente paura della folla, e – triste a dirsi ma più vero di quanto c’interessi sapere – la solitudine, la cappa che ti opprime quando tutti si dimenticano di te, perché sei vecchio, malato o hai problemi non consoni alla (obbligatoria?) leggerezza vacanziera. Sei un peso. E che fai buttato lì per conto tuo? Torni all’essenziale.
I versi in dialetto bresciano di Franco Visconti
«A feràgost me so tajàt le öngie söl balcù/ e sire lè en mödande de per me/ en giro ghira gnènt, póc e nüssü,/ isè go fat le ma, e pó anche i pè./ Sintìe i póc rumùr a stofegas nel calt,/ pensàe che ghìre dó birète ‘n frigo, ensema a ‘n bèl melù,/ a chèi che i fà le cue, ai prese che i và sö tropp vàltc...» (A Ferragosto mi sono tagliato le unghie sul balcone/ ed ero lì in mutande da solo/ In giro c’era niente, poco e nessuno/ così mi sono fatto le mani, e anche i piedi./ Sentivo i pochi rumori soffocarsi nel caldo/ pensavo che avevo due birrette in frigo, insieme a un bel melone,/ a quelli che fanno le code, ai prezzi che diventano troppo alti...).
A questo punto, per rassegnazione o saggezza, ecco che «me sa sente calmo e fürtünàt,/ de esèr bèl de lons da folle isteriche/ le bire en frigo, e po/‘l melù, szelàcc./ Bèl frèsc co le mödande e vìnt önge tajade/ contrare ed ustìnàt, a pó col calendare. (mi sento calmo e fortunato/ di essere ben lontano dalle folle isteriche/ le due birre nel frigo e anche il melone, ghiacciati./ Bello fresco con le mutande e venti unghie tagliate/ contrario e ostinato, anche col calendario.)
Non si può fare sempre ciò che si vuole, ma si può lottare per essere liberi in qualsiasi condizione ci si trovi, ogni giorno dell’anno. Stare in casa con un melone, le unghie a posto e due birrette può bastare per sentirsi appagati? Sì (e ricordiamoci che per molti ciò sarebbe già un gran lusso). E se anche tutto il globo facesse diverso, tu segui sempre la tua anima, anche e soprattutto quando, come diceva Fabrizio De André, va in direzione ostinata e contraria.
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