Nel porticciolo in attesa di un languido tramonto

Clementina Coppini
La storica darsena di Desenzano racconta l’antica importanza della città gardesana nel commercio dei grani
La quiete che trasmette il porticciolo desenzanese
La quiete che trasmette il porticciolo desenzanese
AA

«Seduto in quel caffè io non pensavo a te, guardavo il mondo che girava intorno a me...». È l’inizio di una famosa canzone di Lucio Battisti, intitolata 29 settembre. Seduti a un bar nel Porticciolo di Desenzano, alle ultime luci di un languido pomeriggio d’inizio autunno, comincia a salire un sottile freddo nelle ossa e insieme si sente una piacevole calma sollevarsi dall’acqua e diffondersi nella piazza.

Ah, che gioia stare fuori a un tavolino e guardarsi intorno senza pensare a nessuno in particolare, a nulla di specifico. Aspettare il buio con la mente sgombra, mentre le luci si accendono e le barche oscillano lievi sulle rare onde. Il Porto Vecchio, quando in giro c’è poca gente, è un posto perfetto. Per cosa lo deciderete voi. Intanto passeggiate o accomodatevi in un locale adiacente a questo scorcio di lago e il resto verrà da sé.

La darsena

La darsena, di cui si ha notizia già verso il 1275, assunse un aspetto simile a quello attuale con l’arrivo dei Veneziani, che acquisirono i territori gardesani nel 1454. A quel tempo, sul lato rivolto al Benaco, c’era una banchina frangiflutti che serviva a contenere le burrasche, essendo il Garda terribile quando si arrabbia. Ancora oggi il porticciolo è un piccolo riparato e affettuoso angolo di Venezia, di cui porta il ricordo in alcuni edifici e nella struttura, che in origine serviva alle barche che portavano il grano (Desenzano era uno dei più ricchi mercati di granaglie del Nord Italia), ampliata in epoca moderna ma mai snaturata.

Il palazzo

È un rettangolo di lago che entra nel cuore della città e si ferma ai piedi di Palazzo Todeschini, progettato nel 1580 dallo stesso architetto (Giulio Todeschini o Todeschino) che tra il 1593 e il 1599 avrebbe realizzato la nuova chiesa di Santa Giulia a Brescia. Il palazzo, dal porticato costituito da poderose arcate in pietra (un tempo deposito delle granaglie di cui sopra), è la scenografica quinta, lo sfondo di questa piazza acquatica.

A un angolo dei portici c’è la cosiddetta pietra dei falliti (datata 1555), dove venivano puniti i condannati per bancarotta e dalla quale parlavano i banditori. Sui due lati altri edifici e, al posto dell’antica banchina, un ponte alla veneziana del 1937. Al di là si apre il nuovo porto ottocentesco, con romantici molo e faro.

Dopo gli interventi di modernizzazione la darsena divenne infine una piazza artistica e abbandonò per sempre gli impegni mercantili a favore di una più capiente struttura portuale che, per il gran traffico di merci che sosteneva, fu classificata come porto marittimo e non lacuale. Dopo sette secoli e mezzo di impiego commerciale il Porto Vecchio ha trovato la sua vocazione in un approccio lento alla vita cittadina e ora, come noi e con noi, a fine stagione estiva, scordando per un attimo preoccupazioni e pesi sul cuore, si gode in santa pace l’arrivo della sera.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@Buongiorno Brescia

La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.