La storia del capitello che diventò Capitolium

Era il 1822 quando nel giardino di una villa spuntava quel moncone di colonna che è stato l'inizio di una grande scoperta
Il Capitolium è simbolo del grande passato di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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C’era una volta un capitello che spuntava nel giardino di una villa. Era il 1822. Quel moncone di colonna è stato l’inizio. Gli archeologi ci hanno scavato intorno e sono usciti dalla terra il Capitolium, il tempio repubblicano e il teatro, che, quando li vedi arrivando per una via stretta del centro, resti senza parole. In una giornata di sole resti abbacinato dalle colonne bianche, quando invece piove i mattoni diventano lustri come se fossero di smalto. Il tempio di Giove, magnificente con le sue quattro colonne rimaste, sopraelevate con fierezza dalla strada, si commenta da sé, così come il teatro.

Più sotterranea (in senso proprio e figurato, perché per vederla c’è da immergersi nel cuore di questo luogo) è l’esperienza della visione del tempio repubblicano. Devi scendere, entrare attraverso una pesante porta scura (che si apre ogni quattro minuti) in una camera di decompressione, purificarti da batteri e scorie retaggio della tua povera vita mortale e poi, superata una seconda porta stagna imponente quanto la precedente, eccolo, il tempio repubblicano, con i muri della cella ben visibili e delicatamente dipinti. E quando mai nel nord Italia esistono pareti romane così antiche con una pittura tanto ben conservata da sembrare quasi fresca? Siamo di fronte a un piccolo miracolo.

Tutto ciò si percepisce che viene accudito con amore e questo non fa che aumentare l’emozione profonda che si prova qui. Se vuoi puoi aiutarti con gli occhiali che trovi alla biglietteria, i quali, attraverso quella cosa divertente che è la realtà aumentata, ti mostrano com’erano allora gli edifici di cui restano le rovine e quelli che non ci sono più del tutto. Per qualche alchimia riesci a vederli, gli «antichi bresciani» con la tunica che camminano tra questi templi e nell’antistante piazza del foro. E più t'immedesimi più ti commuovi pensando agli uomini che hanno costruito questa città, i quali rispettavano gli dei, lottavano per migliorarsi e per lasciare una traccia di sé.

La Vittoria Alata - © www.giornaledibrescia.it
La Vittoria Alata - © www.giornaledibrescia.it

Qui, in un intercapedine del tempio, nascosta per secoli dagli occhi del mondo, è stata trovata lei, la Vittoria Alata. Superba, perfetta, vincente sul tempo e su tutti coloro che sono passati di qui e che, se l’avessero trovata, l’avrebbero volentieri fusa per riutilizzare il bronzo di cui è fatta. Aveva uno scudo, che è andato perduto. Tanto non le serve più, perché lei ne ha passate di tutti i colori ma ce l’ha fatta. La Nike di Brixia è un simbolo, oltre che un esempio. Si può conquistare il proprio posto nel mondo partendo da un moncone di colonna e da una statua con le ali? La risposta è sì.

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