La Rocca di Lonato, sagoma di una nave in rotta verso il Garda
Dominare un luogo, con lo sguardo e non solo. Sentire come se ti appartenesse. Non come un re che guarda dall’alto l’estensione delle proprietà della corona, ma come un figlio della Repubblica che ammira una vasta terra libera.
Ecco cosa si prova in cima della Rocca di Lonato, baluardo dalla sagoma di gigantesca nave in rotta verso il lago, luogo che ha avuto molti cambi di mano e visto parecchia storia. Chissà se i Visconti, signori di terraferma, avevano in mente un vascello quando tra il XIV e il XV secolo gli diedero questa forma, ampliando strutture difensive sovrappostesi per secoli e forse millenni. In seguito il bastione tornò molto utile alla Serenissima, che da qui controllò una zona assai ampia.
Nella parte più sopraelevata e protetta, davanti alla casa cinquecentesca del capitano, si apre un ampio spazio (oggi coperto da un tenero prato), pensato per esigenze militari e per raccogliere uomini in armi o in fuga dall’invasore. Singolare è che furono due donne, Regina della Scala moglie di Bernabò Visconti nel Trecento e Isabella D’Este, moglie di Francesco Gonzaga due secoli dopo, a rendersi conto dell’importanza strategica del sito. Isabella, eminenza grigia della politica del ducato di Mantova, nel 1513 approda qui durante una visita ai territori appena strappati ai veneziani. Le osservazioni che scrive sono degne della sua finissima testa: «Son stata a vedere la rocha... mai vidi loco dil più bello aspetto di quella, et presi grandissimo spasso nel farmi nominare le terre infinite che se vedono... L’aere è perfectissimo».
Solo due anni dopo Lonato veniva restituita alla Serenissima, che da oltre un secolo si contendeva con Milano e Mantova il predominio su queste terre. Un secolo dopo il castello non se la passava molto bene, ma nel 1705 i veneziani difesero questa barca di pietra da spagnoli e francesi. Nel 1796 l’esercito di Napoleone sbaragliò le truppe asserragliate nella Rocca, che cadde con cio che restava della Serenissima.
L’alta cinta muraria iniziò a disfarsi finché una ricca famiglia nell’Ottocento la acquistò, fece abbattere la parte alta e ammalorata dei muri e aggiunse le attuali merlature. I Visconti, i Gonzaga e i Napoleoni da quassù sembrano lontani nel tempo, ma l’anima di Venezia vi è rimasta, lo dimostra il leone di San Marco, che fa ancora buona guardia all’ingresso.
Nel 1920 Ugo da Como, senatore del Regno, acquistò il Castello (che poi lasciò alla Fondazione da lui voluta) per 50.000 lire. Sì, 25 euro. Quanto vale un posto così, che è in grado di farti sentire grande come un imperatore del mondo e allo stesso tempo piccolo come l’ultimo dei microbi? Vale l’infinito che ciascuno spettatore riesce ad abbracciare, fuori e dentro di sé.
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