Il significato profondo della lavanda dei piedi

Un rito più antico dei Vangeli, ne parla già Omero nell’Odissea, ma Gesù ne ha rivoluzionato il significato
Lavanda dei piedi (particolare) del Romanino a Pisogne
Lavanda dei piedi (particolare) del Romanino a Pisogne
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Ci sono periodi in cui l’arroganza (atteggiamento di moda da millenni) prende più piede del solito. Quindi questo piede va deterso. Il rito della lavanda dei piedi è più antico dei Vangeli. Lo descrive Omero nell’Odissea: Euriclea, anziana nutrice di Ulisse, giunto travestito da mendicante a Itaca, lo riconosce da una cicatrice sul piede che aveva fin da bambino proprio durante tale operazione.

Il lavare i piedi a qualcuno nell’antichità, quando si andava in giro con i sandali o scalzi e per strada si calpestava un po’ di tutto, non era un’esperienza piacevole e di solito era riservata ai servi e ai sottoposti. Gesù rivoluziona il significato e l’intento di tale gesto durante una Cena, l’Ultima, quando sente gli Apostoli discutere su chi sia il più importante tra loro. Ritenendo tale disputa puerile, il Nazareno fa un gesto controcorrente. Si alza da tavola, si lega un asciugamano alla vita e lava i piedi a tutti loro, per mostrare che essere grandi persone non implica essere tracotanti, semmai è il contrario.

Una lezione di etica ma anche di buone maniere. Al posto di prendere gli altri a pedate non è meglio mostrarsi gentili ed educati?

Un’illuminante rappresentazione dell’episodio si trova alla Madonna della Neve di Pisogne nel ciclo di affreschi (1532-1534) del Romanino, artista da sempre fuori dagli schemi. L’iconografia non è quella classica, con gli Apostoli disposti intorno al Messia metà da una parte e metà dall’altra. In questa versione i dodici, tutti meno due, sono posizionati a sinistra di Gesù. L’opera (174 x 300 cm) è realistica. Si vede con chiarezza l’irritazione di Pietro, che non vuole che il Maestro si umili davanti a lui, mentre il Signore è intento a grattare via lo sporco dal piedone del futuro Papa.

Gli altri sembrano un po’ distratti, si guardano in giro e parlottano tra loro. Forse lo fanno per imbarazzo di fronte all’esempio di stile fornito dal Redentore, che non si sente sminuito all’idea di lavare i piedi non certo impeccabili dei suoi più stretti collaboratori.

Il Grande Capo che si rende utile senza farsi problemi, per far capire che nessuno deve essere considerato né considerare se stesso inferiore e che i lavori umili non esistono: esiste l’umiltà e basta. E che non si dimostrano potere e autorevolezza alzando la voce e facendo i bulli. Questo della lavanda dei piedi è forse uno dei gesti del Salvatore meno compresi, poiché, a differenza dei miracoli, in teoria è alla portata di tutti, mentre in pratica un potente che s’inginocchia davanti a chi potrebbe schiacciare sì che è un miracolo. Questo capolavoro del Romanino vibra di un’umiltà per nulla compiaciuta o ipocrita. Rende l’idea di quel qualcosa che, se ti manca, trasforma in ridicola e infondata ogni tua pretesa di grandezza. «L’arroganza è un ostacolo sulla via per la saggezza» (Bione di Smirne, II sec. a.C.).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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