Il convento dell'Annunciata di Rovato, fondamenta dell'umiltà
L’architettura del Convento dell’Annunciata a Rovato si integra alla collina coronata di viti e, dall’alto della più elegante terrazza che si possa immaginare, consente di notare le differenze di colore del terreno e di abbracciare l’insieme e i dettagli della Franciacorta (e non solo).
Non è arroccato, non è lontano: semmai è posto lassù per essere un punto di riferimento da guardare nei momenti oscuri in cerca di accoglienza e consolazione. È un’edicola votiva, una santella di dimensioni epiche e i molti archi del loggiato uno di fianco all’altro scandiscono il ritorno a una pace che a volte si crede persa. Invece, da queste parti e da oltre mezzo millennio, per ritrovarla e non si sentirsi più orfani basta alzare lo sguardo al Monte Orfano e al suo gioiello tra i pampini.
Le trasformazioni del monastero
Il monastero nei lunghi secoli della sua vita ha attraversato parecchie vicissitudini. Costruito a partire dal 1449, all’inizio del Cinquecento ospita una dozzina di frati e, anche sotto il dominio veneziano, è un importante centro religioso e culturale e un fulcro per le operose comunità di Rovato e Coccaglio, che si raccolgono intorno ai Servi di Maria. È con il contributo di tutti che viene ultimata la chiesa e scritturato il Romanino per affrescare l’abside.
Durante la peste del 1630 diventa un lazzaretto e dopo la terribile epidemia vengono aggiunti i loggiati: c’era bisogno di tornare a respirare aria fresca. Nel 1772, cacciati i frati, viene comprato da privati, diventa un collegio e in seguito è abbandonato. Nel 1870 lo acquista un gruppo di rovatesi guidato da Cesare Cantù (da ragazzino il celebre storico e uomo politico passava qui le estati). In seguito il complesso viene diviso in lotti e affittato a famiglie contadine. Infine nel 1960 i Servi di Maria lo acquisiscono, lo restaurano e tornano a casa. Ora i due frati rimasti vivono nella canonica di fianco al convento, affidato alla gestione della Fondazione Moretti.
Cosa ci spiega tutto ciò?
Che l’Annunciata ha una Provvidenza tutta sua, che la preserva per le generazioni future. Perché le viti e gli esseri umani, che lo vogliano o meno, passano e vengono sostituiti, ma collina e convento, uniti da una sacralità intrinseca, restano.
Nel chiostro, defilato, c’è un affresco che vale la pena cercare. Ritrae la Madonna dell’umiltà: è una ragazza vestita con una povera tunica rossa e un logoro mantello bianco. Niente ori, niente trionfi né corone: l’unica sua ricchezza è il Bambinello che sta sdraiato sulle sue gambe. È del 1466. Umiltà: ecco cosa, a dispetto dell’evidente magnificenza, ci insegna questo luogo. Vuoi essere un grande? Comincia con l’essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà (Sant’Agostino). Un affettuoso grazie all’Associazione Liberi Libri di Rovato, che custodisce insieme ai frati la memoria di questo complesso monumentale.
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