Gesù Bambino nell’eremo vista lago

Clementina Coppini
Affacciato sull’Eridio, appena prima di Ponte Caffaro, un piccolo gioiello sospeso tra fede, arte e storia
Fondato attorno all’anno Mille l’eremo di san Giacomo
Fondato attorno all’anno Mille l’eremo di san Giacomo
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Lo trovi prima di Ponte Caffaro, sulla sponda destra del lago d’Idro, andando verso il Trentino. È l’eremo di San Giacomo in Caselle, nel Pian d’Oneda. Verso l’anno Mille, quando fu fondato, era sperduto (forse anche adesso, ma è una delle sue virtù). Dietro la sua semplice facciata si stendono l’Eridio e le sue montagne. E una piana dall’aspetto così florido che viene difficile immaginare fosse un tempo occupata da paludi. Eppure è così.

La chiesa e il monastero furono creati proprio per questo, affinché il manipolo di benedettini qui distaccati dal monastero di San Bartolomeo a Serle potesse insegnare alle popolazioni locali a bonificare quello che allora era un malsano acquitrino. Attiguo al monastero sorgeva un ostello dove venivano ospitati diseredati e pellegrini.

I monaci per secoli cercarono di tenere a bada le contese tra famiglie tipo quella dei Conti di Lodrone e di Comuni come Bagolino, Darzo e Storo, Bovile e Villa da Ponte (questi ultimi due smisero di litigare quando, prima del Quattrocento, furono spazzati via da una delle tante alluvioni), ma soprattutto si prodigarono per rendere coltivabile la terra e offrirono cibo e riparo a chi passava da queste zone un tempo complicate da attraversare e a chi se la passava così male da non avere casa né cibo. Seguivano alla lettera il Vangelo di Gesù, rappresentato nella Natività che si trova sopra l’ingresso del pronao affrescato, realizzato verso la fine del Cinquecento o poco più tardi.

Le bonifiche, pur a fasi alterne (quella definitiva è di inizio Ottocento), procedevano, ma già nel Milleduecento il monastero era in crisi e i continui dissidi tra gli abitanti del territorio non aiutavano.

I bagossi e i lodrone, che rivendicavano la proprietà del Pian d’Oneda, se le diedero di santa ragione per un bel po’ prima che la Serenissima, su intercessione degli stessi benedettini, nel 1478 attribuisse la struttura religiosa al Comune di Bagolino, che da quel momento provvide al suo mantenimento nonché al suo restauro e abbellimento. La faida ovviamente non finì, anzi si protrasse per secoli. Oggi quelle che erano paludi trasformate in campi coltivati e di nuovo in paludi e ancora in campi sono una ridente e salubre meta turistica lacustre.

Qui, in un posto che sembra alla fine di tutto, trovi l’inizio di tutto. Capisci che ciò che è malato può essere guarito, che un pantano può diventare un prato, che dare una mano a chi ha bisogno e a chi giunge viandante o pellegrino nelle nostre terre (che non sono sempre state ricche e libere) non è qualcosa di così lontano dal nostro retaggio. L’eremo di San Giacomo, con il suo affresco di Gesù Bambino in un portico esposto al freddo dell’inverno, ci ricorda che impaludarsi è in ogni senso una pessima idea e che non siamo obbligati a essere ostili e inospitali per forza. Possiamo essere meglio di così, giusto?

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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