Arte, fede e redenzione nel Duomo di Maria Maddalena a Desenzano

Clementina Coppini
Alla peccatrice per antonomasia, divenuta da simbolo del pentimento a discepola a santa, è dedicato il Duomo con il ciclo pittorico di Andrea Celesti
Le tele del Celesti all’interno del Duomo di Desenzano
Le tele del Celesti all’interno del Duomo di Desenzano
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Una chiesa tutta per lei, la prima a vedere Gesù Risorto. Lei, peccatrice per antonomasia, divenuta da simbolo del pentimento a discepola a santa. Ecco il Duomo di Desenzano, dedicato a Maria Maddalena. Costruito tra fine Cinquecento e inizio Seicento, inizia e finisce con lei, meravigliosa creatura, rappresentata dall’ingresso fino all’altare nelle tele di Andrea Celesti, pittore veneziano che le realizzò tra il 1690 e il 1692. È un viaggio nel colore e nella luce, oltre che nella vita di questa donna unica.

Lei alla cena a casa del Fariseo, alla Resurrezione, davanti al sepolcro vuoto, con Cristo Risorto, lei elevata al cielo: un climax che la porta da sotto il tavolo ad asciugare i piedi del Salvatore con i suoi lunghi capelli biondi alla gloria celeste, in un percorso di redenzione fatto di modestia, di progressiva riconquista dell’innocenza che la vita e gli uomini le avevano strappato.

Celesti la raffigura sempre eterea, elegante, vestita d’oro, come a voler sottolineare quanto sia prezioso questo essere umano da cui la luce irradia costantemente.

Il ciclo pittorico 

Il dipinto dell’unzione dei piedi a casa del ricco Simone è molto teatrale. Lei, splendente, è prostrata ai piedi del Salvatore, che la guarda con tenerezza, mentre dalla parte opposta una domestica getta gli avanzi al cane. Seduta al tavolo e tutt’intorno c’è gente distratta e non sempre signorile, mentre alcuni spettatori osservano dall’alto la scena come se si trovassero davanti a una rappresentazione, che di per sé non è sacra, ma lo diventa per la presenza di Gesù e della donna perduta che si sta ritrovando.

Nella controfacciata una grande tela con una Resurrezione: il Messia è in alto, sotto di lui alcuni angeli, abbaglianti, sostengono le lastre del sepolcro. A sinistra, nel buio, i soldati spaventati di fronte a un evento che va oltre la loro (e l’umana) comprensione. A destra la gioia composta delle tre Marie, tra le quali spicca Maddalena, la più bella di tutte.

Nel dipinto dietro l’altare maggiore, che celebra la sua estasi mistica, questa candida anima, vestita con colori più accesi come se fosse infiammata dalla fede, si trasfigura in un essere perfetto, il centro su cui ruota tutto il ciclo pittorico (e non solo pittorico). Luci forti e ombre decise, colori vividi e potenti. In ogni pennellata del Celesti s’intuisce la Serenissima, ci sono magnificenza e grazia.

La tela della Resurrezione è speculare a quella dell’estasi, in senso proprio, poiché si parlano da una parte all’altra della navata centrale, e in senso figurato, poiché in entrambe c’è qualcuno che sale in cielo, che si eleva sopra le miserie umane, il Redentore che torna a casa e la Redenta che ha trovato dentro di sé la strada per le stelle.

«Il cielo non si trova né sopra né sotto, né a destra né a sinistra ma esattamente nel centro del petto di chi ha fede» (Salvador Dalì).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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