Duecentododici pietre lucenti sotto un'eterna notte stellata

Clementina Coppini
Un viaggio tra storia e arte sotto la cupola di Santa Maria in Solario, nel complesso di Santa Giulia in centro a Brescia
La croce di re Desiderio in Santa Maria in Solario
La croce di re Desiderio in Santa Maria in Solario
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Mettiamo una primavera che non arriva mai, e temporali e notti nuvolose. Il desiderio di una serata limpida frustrato dalla pioggia, dagli impegni e dalla stanchezza. Ecco, se hai il desiderio (tieni a mente questa parola) di astrarti dal mondo e guardare con rapimento astri notturni vai a Santa Maria in Solario.

Santa Giulia, centro di Brescia

Luogo famosissimo, bellissimo. Sotto lo sfavillante cielo stellato della cupola, tra muri dipinti da artisti come Floriano Ferramola, che ci lavorò a partire dal 1513, brilla un antichissimo (qui nulla si sottrae al concetto di superlativo) e preziosissimo manufatto: la Croce di Desiderio, sovrano longobardo.

Le pareti affrescate con cicli di storie e la struttura stessa sembrano fatte per ruotare attorno a questo oggetto in molti sensi totemico. Solo una figura sta fissa in cima, al culmine del cielo, a guardia del Tutto: l’Onnipotente. Chi altro potrebbe meritare di stare lì? Peraltro le quattro volte a crociera dell’aula inferiore (l’edificio si sviluppa su due piani) poggiano al centro su una grande ara romana che reca la scritta Deo Soli Res Publica, la Repubblica (di Roma dedica) al Dio Sole.

La Croce

Forse chi la riutilizzò per questo edificio non la scelse apposta, forse invece sì. Secondo la tradizione la Croce fu donata al monastero dalla Regina Ansa, moglie di Desiderio. Studi più recenti hanno ipotizzato sia stata realizzata in seguito e sia pertanto di epoca carolingia, ma è più poetico pensare a una Gran Dama longobarda, indipendente e di ampie possibilità, che dona alle monache un’enorme croce tempestata di pietre preziose come dote per il monastero, pensando che magari una cosa di tale valore possa tornare utile. E così fu: le pietre spesso aiutarono le suore ad affrontare spese e problematiche impreviste. Alcuni gioielli nel corso dei secoli furono rimossi e venduti e in seguito sostituiti con pezzi più recenti.

Così i 212 piccoli capolavori di alta oreficeria che ornano la croce risultano di provenienza ed epoca varie. C’è un Cristo in trono del X secolo, un Crocifisso di sei secoli dopo, una vittoria alata del I secolo a.C., un medaglione del III secolo recante una figura femminile con prole, secondo la tradizione identificata in Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio (chissà se Ansa in quella scena familiare vedeva se stessa insieme ai figli Adelchi e Anselperga).

Insomma, incastonati in questo manufatto ci sono duemila anni di storia. Un’opera di cesello in cui ogni dettaglio è diverso dall’altro e malgrado ciò tutto concorre alla creazione di una non comune armonia. La Croce era così celebrata che nemmeno gli uomini di Napoleone ebbero il coraggio di profanarla. Soppressero il monastero ma consegnarono lei, la splendida, alla Biblioteca Queriniana, dove rimase fino al suo ritorno a casa. Croce e chiesa brillano insieme, sotto un’eterna notte stellata.

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