Un anno di pandemia: D come Dpcm e Dad
Dpcm e decreti legge
Quella della decretazione d'urgenza è piaga antica nel Bel Paese. Una prassi spesso invalsa, sin dalla notte della Prima repubblica, altrettanto spesso additata a esempio di mala gestione dalle opposizioni del momento.
E poteva forse una situazione estrema e di urgenze permeata non amplificare il ricorso a decreti di ogni tipo? La pandemia ha svelato a una moltitudine di cittadini l'esistenza dei Dpcm, acronimo di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, divenuto sinistramente familiare. Non è un caso che l'inizio dell'emergenza coronavirus coincida con l'entrata in vigore del primo Dpcm, quello datato 23 febbraio 2020 che istituiva le zone rosse di Codogno e Vo' Euganeo.
A due soli giorni più tardi risale quello che ha sospeso l'attività scolastica e sportiva. Tra l'8 e l'11 marzo ecco i Dpcm che sanciscono lockdown e fase più drammatica. Il decreto varato da Conte il 26 aprile, invece, è quello al quale molti affidarono attese e speranze: riapriva i negozi e ripristinava la la libera circolazione in Italia. Non la ripresa delle lezioni in presenza. In totale i Dpcm ammontano a 19: l'ultimo, datato 14 gennaio, scadrà il 5 marzo prossimo. Poi spetterà a Draghi introdurne di nuovi (in un caso già lo ha fatto) o scegliere altre vie. E il fatto che sin dalle recenti Consultazioni, il tema della decretazione sia stato oggetto di dibattito è eloquente.
Gianluca Gallinari
Dad
Nel suo intervento al Senato, primo atto formale del Presidente del Consiglio in vista della fiducia, Draghi ha evidenziato un dato: nel corso del passato anno scolastico, per poco meno di metà svolto integralmente in Dad, solo il 61% degli studenti delle superiori ha potuto fruirne con continuità. E non parliamo di qualche giorno, ma fatti due conti, di oltre 150 giorni spalmati su due anni scolastici. Mi è venuto in mente il racconto di un amico che insegna in un istituto della Bassa. Un suo studente, famiglia di onesti lavoratori ma con limitate possibilità, frequentava assieme ad altri due fratelli come lui costretti alla Dad, in una casa di piccole dimensioni. Condivideva con loro, come aula di fortuna, una stanza in cui riecheggiavano frammenti di lezioni del programma di anni diversi, si contendevano come lavagna, cattedra, banco e qualunque altra cosa possa essere utile in una lezione, un pc e uno smartphone. Due supporti in tre. E la matematica purtroppo non è un’opinione, bonus o non bonus. Lui ha cercato di sanare la situazione, ma sulla qualità della connessione, in una zona di aperta campagna purtroppo non ben coperta, poco ha potuto.
Gianluca Gallinari
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