Sale a 337mila euro il fondo che aiuta i profughi ucraini a pensare al futuro
Mamma e figlia fuggite dalla guerra cercavano un’occupazione nel settore ricettivo. E il fondo «Brescia aiuta Ucraina» ha dato loro una mano: ora lavorano in un ristorante di Pisogne ed essendosi dovute trasferire hanno l’affitto pagato per un paio di mesi.
Il tesoretto da ben 337mila euro raccolto su iniziativa della Fondazione Comunità Bresciana cerca, infatti, di «fare la differenza aiutando i profughi a costruirsi un futuro - fa notare la direttrice Orietta Filippini -. Allo scoppio della guerra sono seguite immediatamente tante azioni, a cura di associazioni del territorio, utili a offrire una risposta alle esigenze primarie delle persone scappate dall’Ucraina».
La Fcb e le realtà che siedono al tavolo di confronto convocato sul tema (Associazione artigiani, Acb, Apindustria, Caritas, Comune, Confartigianato, Confcooperative, Cna, Confindustria, Forum del Terzo settore e Provincia) non hanno voluto sovrapporsi, con il fondo «Brescia aiuta Ucraina», a queste iniziative, preferendo offrire prospettive di vita ai profughi che hanno trovato rifugio in città e provincia.
In linea con questa missione, come spiega la presidente della Fcb Alberta Marniga, il tesoretto raccolto (212mila euro provenienti dal territorio e 125mila offerti dalla Fondazione Cariplo) è stato usato innanzitutto per finanziare con 108mila euro 13 dei 14 progetti presentati dagli enti del terzo settore. Progetti come corsi di alfabetizzazione, sportelli di sostegno psicologico e attività socializzanti i cui beneficiari, tra città e provincia, sono 142 profughi minorenni e 138 adulti.
Domanda e offerta
Quattromila euro sono andati all’Associazione della Polizia di Stato e coprono i costi assicurativi dei volontari incaricati di smistare le pratiche riferite alle richieste e alle disponibilità di alloggio. Con oltre 20mila euro è stato finanziato il lavoro (che prosegue fino a settembre) dei sei mediatori linguistici presenti in Questura e all’Auser, dove è attivo uno sportello di orientamento al lavoro al quale si sono già rivolte 150 persone per stilare un curriculum in italiano e lasciare i propri dati. «Volentieri l’Auser si è messo a disposizione - commenta il vicepresidente Pietro Prevedoni -: abbiamo attivato anche tre corsi di italiano».
Allo sportello «abbiamo accolto persone con vari profili - racconta la mediatrice Irina -: avvocati, medici, laureati in Economia, una donna che parla anche il cinese...». Ora Solco, sostenuta dal fondo con 10mila euro, sta «interpellando le aziende che già collaborano con noi o che hanno riferito di aver bisogno di personale e intende proporre loro le figure adatte - spiega Margherita Quaranta, direttrice dell’area Lavoro della cooperativa -. Questa fase non è immediata: molti profughi hanno bisogno di tempo per raggiungere un livello adeguato di italiano e ci sono ostacoli burocratici e logistici».
A questi ultimi il fondo intende dare delle risposte: «Se ci sarà bisogno di pagare affitti per alcuni mesi e abbonamenti dei mezzi pubblici o di trovare soluzioni per i bambini quando le mamme lavorano noi ci siamo - assicurano Marniga e Filippini -. La "macchina" che li aiuterà a trovare un impiego è pronta, i primi due contratti sono già stati siglati e adesso facciamo appello alle aziende che necessitano di personale affinché si rivolgano a Solco. Questa è la nostra risposta all’emergenza: grazie alla generosità dei bresciani, stiamo operando per garantire futuro e stabilità alle famiglie in fuga dalla guerra».
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