Russi alla Nikolajewka: «Non fu spionaggio, forse propaganda»

Così Massimo Cortesi commenta la missione 2020: «Tra Mosca, Brescia e alpini rapporti buoni Il presagio l’assenza di gennaio»
A Rossosch. Gli alpini (anche bresciani) 30 anni fa costruirono un asilo - Foto © www.giornaledibrescia.it
A Rossosch. Gli alpini (anche bresciani) 30 anni fa costruirono un asilo - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Mosca rinfaccia a Brescia, Orzinuovi e Bergamo l’intervento russo di sanificazione delle case di riposo e delle residenze per disabili avvenuto in piena pandemia.

Il sindaco Giorgio Gori, facendo riferimento ai medici militari che arrivarono in terra orobica, ora si chiede: «Fu aiuto, propaganda o intelligence?». Massimo Cortesi, presidente della Fondazione Nikolajewka, ricordando quanto fatto dai russi nell’istituto di Mompiano, osserva che «potrebbe essere stato un atto di propaganda, non di spionaggio: dormivano in una struttura allestita dalla Protezione civile a Bergamo e ogni mattina veniva assegnato loro un elenco di strutture da sanificare. Strutture per anziani o disabili che raggiungevano sempre insieme a carabinieri, soldati italiani e alpini. Di certo i russi non hanno organizzato una simile missione per spiarci, ma potrebbero averlo fatto per mostrare il volto umano dell’amicizia anche in ragione di accordi tra i Paesi in materia di risorse energetiche».

Il rapporto tra gli alpini bresciani e la Russia

Il rapporto tra Brescia (in particolare gli alpini) e la Russia «è sempre stato buono: ricordo, ad esempio, che nel 2018 la nostra città e l’Ana hanno firmato in Loggia un patto di fratellanza con le genti della regione in cui si trova Nikolajewka». Non solo: trent’anni fa «decine di penne nere bresciane parteciparano alla costruzione dell’Asilo Sorriso avvenuta in Russia, a Rossosch, sul confine con l’Ucraina». L’idea fu proprio di un bresciano, Ferruccio Panazza, reduce della battaglia. Oltre 700 alpini crearono una struttura moderna, dotata di ogni confort, piscina compresa, simbolo di pace e solidarietà per le generazioni future. Come testimonia un articolo del Giornale di Brescia firmato dalla penna nera Giancarlo Buizza, l’asilo venne inaugurato il 19 settembre 1993 alla presenza di 1.500 alpini con il messaggio di una bambina: «Per voi amici russi che entrate in questo asilo, pensate ad un mondo dove trionfi la pace».

Sempre in segno di ritrovata amicizia nel settembre 2018 trecento alpini, dei quali una sessantina bresciani, partirono alla volta della Russia per partecipare all’inaugurazione del ponte sul fiume Valuij a un chilometro dall’abitato di Nikolajewka. «Il ponte c’era - racconta Cortesi -, ma era ridotto male, semi coperto da muschio e arbusti. Nel 2013, durante le cerimonie per il 70º di Nikolajewka, a Brescia, il sindaco di Livenka (città che comprende il sobborgo di Nikolajewka) aveva chiesto aiuto all’Associazione nazionale alpini. Era nata così l’idea del "Ponte dell’amicizia", che venne progettato dall’ingegnere gardesano Luciano Zanelli ed eseguito sotto la direzione dell’alpino camuno Giovanmaria Rizzi. Ponte interamente finanziato dai Gruppi Ana per suggellare il patto di fratellanza tra penne nere e gente russa».

Un segnale

Buoni rapporti, insomma. L’unico «presagio» il presidente Cortesi lo vede, col senno di poi, nell’assenza degli addetti militari dell’Ambasciata russa di Roma alle celebrazioni organizzate a gennaio dall’Ana per commemorare la battaglia di Nikolajewka: «Sono sempre venuti, a parte quest’anno - dice -. Avrebbe dovuto essere presente anche il console russo, che tra l’altro aveva partecipato a un concerto del coro Alte Cime che si è tenuto a novembre alla casa di riposo Le Rondini di Lumezzane».

Sull'attacco a Guerini

Tornando all’operazione russa a Brescia in tempo di Covid e alle parole di Alexei Paramonov, direttore del Dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, contro il ministro della Difesa Lorenzo Guerini («Ci ha chiesto aiuto in tempo di Covid e ora è uno dei principali falchi ispiratori della campagna antirussa del Governo italiano»), Cortesi ritiene che «l’Italia sia stata attaccata con la consapevolezza che non abbia un ruolo incisivo, dal punto di vista militare, nella Nato, dove a contare sono invece Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Germania».

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