In Cattolica rose bianche e riflessioni per la guerra in Ucraina

Un’ora intensa per condividere pensieri sulla guerra in corso, rievocando anche il gruppo di Monaco che si oppose ai nazisti
  • L'incontro in Cattolica sulla guerra, tra testimonianze e riflessioni
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Voci spezzate e lacrime, ma anche pensieri chiari e fermi, capaci di interpretare il presente e insieme di guardare al futuro, fino a farsi messaggio universale e addirittura simbolo: una rosa bianca. Ieri mattina l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha vissuto un’ora densa, dedicata alla guerra in Ucraina, tra testimonianze e riflessioni, letture affidate agli studenti e il gesto finale della distribuzione del fiore da cui prese il nome il gruppo di universitari di Monaco di Baviera che, tra il 1942 e il 1943, mise in atto una resistenza non violenta al regime nazista. Per dire che «se c’è qualcosa per cui vale la pena di rischiare, c’è qualcosa per cui vale la pena di vivere».

Collegata con il campus di Mompiano, l’aula polifunzionale di via Trieste si è riempita di giovani attenti e commossi, oltre che di docenti e personale universitario. Tra loro due dei dieci studenti della Cattolica provenienti dall’Ucraina, Nataliya Hrynchyshyn e Iryna Lavryshyn. E proprio da quest’ultima, originaria di un villaggio nella regione di Leopoli, è arrivato un altro messaggio che va oltre l’Ucraina e la Russia, l’Europa e gli Stati Uniti: «I miei parenti mi hanno detto di non tornare, di salvarmi almeno io - ha raccontato piangendo - e allora mi sono chiesta che cosa posso fare stando qui. Ho deciso di raccogliere beni da inviare nel mio Paese, ma soprattutto penso sia fondamentale incrementare le relazioni interpersonali perché sono alla base di quelle tra Stati. Penso che la comprensione, l’amore e il rispetto nei confronti del prossimo portino a un futuro migliore, senza violenza».

Testimoni

Iryna ha parlato anche del coraggio del popolo ucraino «che sta combattendo per la libertà», facendo eco alle parole di Anna Bayadatska, pure di nazionalità ucraina, che da 15 anni insegna russo in Cattolica ed è intervenuta poco prima di lei. «Sono felice di vedervi anche se vengo da una settimana di lacrime», ha esordito la professoressa rivolgendosi alla platea gremita, per poi mostrare un filmato in cui la popolazione ucraina affronta i carri armati russi con l’«arma» del canto dell’inno nazionale: «Sono tutti uniti, dai bambini agli anziani, e stanno dimostrando grande coraggio. Ho invitato qui in Italia, a casa mia, parenti e amici, ma non vogliono venire - ha raccontato la docente -. Mia cugina, che abita a Kiev e ha un bambino di sette anni, mi ha risposto che non può andarsene perché loro, a differenza di altri, dispongono di acqua della quale si serve una settantina di persone del quartiere...».

Le riflessioni

Così anche la professoressa Bayadatska si interroga: «Quale aiuto posso dare dall’Italia? Posso, possiamo pregare. Possiamo informarci in modo intelligente, sfuggendo alla propaganda. E possiamo inviare beni, come stanno già facendo molti che ringrazio». Alla forza delle testimonianze si è alternata quella delle letture, tra le quali l’appello del Papa del 23 febbraio scorso (che invitava a fare del 2 marzo, mercoledì delle ceneri, una giornata di digiuno per la pace) e la poesia «L’angelo di Reims» della russa Ol’ga Sedakòva che si conclude con una domanda che squarcia la paura e il dolore di questi giorni: «... tu sei pronto a una felicità incredibile?».

Da qui è partito, introdotto dal professor Mario Taccolini e dall’assistente pastorale don Mauro Cinquetti, Adriano Dell’Asta, docente di lingua e cultura russa, già direttore dell’Istituto italiano di cultura a Mosca, amico e appassionato della Russia. Perché proprio Sedakòva, qualche giorno prima dell’invasione, ha scritto un lungo post su Facebook rivolgendosi ai «cari amici ucraini» e augurando loro «autonomia e libertà» con riferimento alla «terribile minaccia che viene dai vostri vicini, cioè da noi». Il post ha ricevuto in pochi minuti moltissimi «like», e qualcuno ha osservato: «esiste anche un altro noi».

Ecco, ha sottolineato Dell’Asta: «Non tutti i russi sono a favore della guerra», e anche loro sono coraggiosi: «lo dicono, vanno in piazza». Molti i «non è vero» nell’intervento del docente: «non è vero che l’Ucraina non ha una tradizione statuale, anzi ha una tradizione millenaria. Non è vero che deve tutto alla Russia rivoluzionaria. Non è vero che è piena di neonazisti...». Agli studenti cui il professore si è rivolto con passione, ma non solo a loro, tocca interessarsi di questa guerra. Cogliendo «l’occasione per cercare una felicità incredibile», ovvero la consapevolezza che la vita ha un senso: «se c’è qualcosa per cui vale la pena di rischiare, c’è qualcosa per cui vale la pena di vivere».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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